Dopo la vicenda del
un
giovane lavoratore precario scrive a Mattarella
Mi chiamo Alessio ho 30 anni, e sono un lavoratore
precario. Uno come tanti precari presenti in Italia oggi, un precario proprio
come Michele che non ha più retto il peso di questa vita così difficile e ha
scelto di non farne parte. Io mi rivolgo ai politici, al Presidente Mattarella,
a tutti coloro che hanno la possibilità di avere un futuro, a tutti gli
industriali che sfruttano ragazzi come me o come Michele con leggi assurde che
gli permettono di trattarci come spazzatura, vi chiedo solo di avere coscienza
e fare in modo che qualcosa cambi.
Il mio pensiero è un po’ il pensiero di tutti quelli che come me non possono programmare una vita, avere una famiglia e Dio mi aiuti se possiamo avere un bambino. Parlo per esperienza personale, ho lavorato per una multinazionale per ben 49 mesi, quando il limite massimo è di 36, e alla fine mi sono ritrovato in una causa per difendere un mio diritto, causa che probabilmente perderò perché in Italia noi lavoratori non siamo tutelati né dai politici né dalla legge.
E allora io mi chiedo...forse Michele ha capito che è tutto inutile? E come lui, quanti altri ragazzi possono arrivare a pensare questa cosa? Quante altre morti volete per arrivare a capire che Michele aveva ragione? Io forse non avrò mai il suo coraggio, forse continuerò a lavorare, anzi scusate ad arrangiare e non riuscirò mai a realizzarmi. Vivrò una vita di stenti senza avere la possibilità di poter vivere l’emozione di un matrimonio, di una nascita, di una vita dignitosa. Perché in fondo io come tanti, non chiediamo tanto, chiediamo solo che il primo articolo della Costituzione Italiana non sia solo inchiostro su carta.
Se qualcuno
Il mio pensiero è un po’ il pensiero di tutti quelli che come me non possono programmare una vita, avere una famiglia e Dio mi aiuti se possiamo avere un bambino. Parlo per esperienza personale, ho lavorato per una multinazionale per ben 49 mesi, quando il limite massimo è di 36, e alla fine mi sono ritrovato in una causa per difendere un mio diritto, causa che probabilmente perderò perché in Italia noi lavoratori non siamo tutelati né dai politici né dalla legge.
E allora io mi chiedo...forse Michele ha capito che è tutto inutile? E come lui, quanti altri ragazzi possono arrivare a pensare questa cosa? Quante altre morti volete per arrivare a capire che Michele aveva ragione? Io forse non avrò mai il suo coraggio, forse continuerò a lavorare, anzi scusate ad arrangiare e non riuscirò mai a realizzarmi. Vivrò una vita di stenti senza avere la possibilità di poter vivere l’emozione di un matrimonio, di una nascita, di una vita dignitosa. Perché in fondo io come tanti, non chiediamo tanto, chiediamo solo che il primo articolo della Costituzione Italiana non sia solo inchiostro su carta.
Se qualcuno
non
lo sapesse l’articolo 1 dice testuali parole: “L’Italia è una Repubblica
democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la
esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Ecco, l’Italia è fondata
sul lavoro, e non sul precariato. Spero che queste parole arrivino a qualcuno
che possa darmi qualche risposta, spero che vengano lette e non disperse tra le
tante cose che non si vogliono leggere.
Certo una lettera non riesce a muovere il macigno della disoccupazione e
della precarietà, ma forse centinaia di migliaia di lettere potrebbero farlo; e
si potrebbe fare ancora di più se sorgessero mille comitati di lotta dei
precari e dei disoccupati.
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