venerdì 29 aprile 2016

Disoccupazione marzo: da peggio a meno peggio


Disoccupazione marzo:  da peggio a meno peggio, anche se ancora si sta nel peggio

Dopo il dato negativo di febbraio, il tasso di disoccupazione a marzo in Italia scende all'11,4%.

Dopo il calo di febbraio 2016 (-0,4%, pari a -87 mila), a marzo la stima degli occupati sale dello 0,4% (+90 mila persone occupate), tornando ai livelli di gennaio. L'aumento riguarda sia i dipendenti (+42 mila i permanenti e +34 mila quelli a termine) sia gli indipendenti (+14 mila). La crescita degli occupati coinvolge uomini e donne e si distribuisce tra tutte le classi d'età ad eccezione dei 25-34enni. Il tasso di occupazione, pari al 56,7%, aumenta di 0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente.
I movimenti mensili dell'occupazione determinano, nei primi tre mesi del 2016, una sostanziale stabilità del livello degli occupati (+0,1%, pari a +17 mila) rispetto ai tre mesi precedenti. L'unica componente che mostra una crescita congiunturale significativa è quella dei dipendenti permanenti, che aumentano dello 0,5% sul quarto trimestre del 2015 (+72 mila).
La stima dei disoccupati a marzo registra una diminuzione (-2,1%, pari a -63 mila), il calo riguarda uomini e donne. Il tasso di disoccupazione è pari all'11,4%, in calo di 0,3 punti percentuali su febbraio.
A marzo la stima degli inattivi tra i 15 e i 64 anni cala dello 0,3% (-36 mila). La diminuzione è determinata quasi esclusivamente dalle donne e riguarda le persone di 25 anni o più. Il tasso di inattività scende al 35,9% (-0,1 punti percentuali).
Rispetto ai tre mesi precedenti, nel periodo gennaio-marzo 2016 si registra un calo dei disoccupati (-0,5%, pari a -15 mila) e degli inattivi (-0,3%, pari a -43 mila).
Su base annua si conferma la tendenza all'aumento del numero di occupati (+1,2%, pari a +263 mila), che coinvolge soprattutto gli over 50. Sono in calo sia i disoccupati (-8,6%, pari a -274 mila) sia gli inattivi (-0,9%, pari a -125 mila).

mercoledì 20 aprile 2016

REDDITO DI BASE INCONDIZIONATO, cosa è


Il 5 giugno 2016 la Svizzera si esprimerà con un referendum sul
REDDITO DI BASE INCONDIZIONATO
Riportiamo qui dal sito http://bien.ch/it/node le spiegazioni della proposta di legge.
Questa proposta è diversa da quella qui lanciata dal blog “Crea pane e lavoro”, diversa dalle proposte che ancora non hanno approdato al Parlamento italiano di 5 stelle e Sel;  è una proposta molto interessante e rivoluzionaria dal punto di vista della cultura del lavoro. E’ necessario conoscerla, riflettere e parlarne.

Il reddito di base, che cosa è?
Il reddito di base incondizionato (RBI) è un versamento mensile, erogato da un ente pubblico, ad ogni individuo, di una somma di denaro sufficiente a coprire i bisogni di base e consentire la partecipazione alla vita sociale, come un vitalizio. Si tratta della realizzazione di un diritto umano fondamentale.
Personalità di ogni credo politico, fede religiosa e nazionalità hanno sostenuto nei secoli questa idea, a cui sono stati dati vari nomi: sussidio universale, reddito di sussistenza, reddito di cittadinanza, reddito universale, reddito sociale garantito, dividendo universale, rendita a vita, ecc.
Il Reddito di Base non è un sussidio sociale e non deve essere confuso con il salario minimo, il sussidio di disoccupazione, l'assistenza sociale o qualsiasi altra prestazione erogata in maniera condizionale. Il Reddito di Base è automatico, incondizionato e inalienabile. È erogato a tutti, ricchi o poveri, dalla nascita alla morte. L'importo è sufficiente a garantire a tutti una vita dignitosa - qualunque cosa succeda. È cumulabile con altri redditi (da lavoro e non).

Il Reddito di Base è dunque:
corrisposto ai singoli individui e non ai nuclei familiari
cumulabile con altri redditi
corrisposto senza l'obbligo di intraprendere un'attività lavorativa
sufficiente a coprire i bisogni fondamentali e consentire la partecipazione alla vita sociale
Il reddito di base rende la giustizia sociale compatibile con l'efficienza economica. È il principio di solidarietà più liberale che si possa immaginare: assicura infatti l'esistenza individuale e la coesione sociale senza la rigidità dell'interventismo e la pesantezza della burocrazia. Molteplici sono state le varianti discusse in merito alla sua implementazione. Il Reddito di Base non è appannaggio di una parte politica: trova infatti supporto e resistenze da una parte come dall'altra degli schieramenti politici tradizionali.

Separare l'attività professionale dal reddito: una necessità
Né il lavoro retribuito, né le rendite da capitale, né le le prestazioni sociali riescono ormai a garantire il diritto all'esistenza di ognuno, così come definito dall'articolo 25 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
Incondizionato com'è, il Reddito di Base spezza la catena che unisce la copertura delle necessità di base alle prestazioni di lavoro retribuito. Questa separazione parziale tra lavoro e reddito è resa necessaria dalla scomparsa della stabilità nel mondo del lavoro. La disoccupazione e la precarietà del lavoro sono in gran parte il risultato di una dinamica di razionalizzazione e automatizzazione che rende l'obiettivo del ritorno alla piena occupazione obsoleto - quantomeno alle condizioni che abbiamo conosciuto nei 50 anni successivi al secondo dopoguerra. La flessibilità organizzativa delle imprese moderne comporta attualmente una crescente instabilità del lavoro dipendente. In Svizzera, grazie all'elevata competitività internazionale del paese, il tasso di disoccupazione e la quota di contratti precari restano relativamente limitati. Tuttavia, sarebbe illusorio considerare la Svizzera come un'isola separata dal resto del mondo.

A queste condizioni, chi continuerà a lavorare?
Nella maggior parte dei casi, la fruizione del Reddito di Base non incoraggerà le persone a lasciare il proprio impiego, soprattutto perché l'importo non basterebbe a coprire tutti i loro desideri di consumo.
Ricordiamo che l'importo del RdB proposto è di soli CHF 2'500 al mese. Il salario minimo richiesto dai sindacati è di CHF 4'000. Il salario medio è di CHF 6'000.-.
D'altra parte, sono molti i lavori utili e necessari che contribuiscono alla produzione di ricchezza e che non sono remunerati: famiglia, volontariato, associazioni, ecc.
Lungi dall'incoraggiare all'ozio, il Reddito di Base permetterà a ciascuno, nella misura delle proprie capacità e del proprio desiderio, di impegnarsi in modo sereno, libero e responsabile in attività lavorative essenziali per l’interesse generale, che però gli impieghi tradizionali tendenzialmente trascurano. Il lavoro è sempre d'attualità ed il suo compito enorme. È più che mai necessario che ognuno possa impegnarsi: a prendersi cura di se stesso, dei propri genitori, dei propri figli e della propria famiglia; a lavorare per il bene pubblico comune (la conoscenza, le arti, la cultura, il software, ecc); e infine a lavorare per sviluppare e applicare a tutti i livelli i mezzi che permetteranno di lasciare in eredità alle generazioni future un pianeta vivibile.
Il reddito di base, inoltre, modifica le condizioni di chi attualmente beneficiano di prestazioni sociali basate su criteri di reddito o di pensioni di invalidità. Il reddito di base è in effetti cumulabile con la remunerazione da attività lavorativa, che così preserva la propria attrattiva finanziaria. Il ritorno al lavoro retribuito non è penalizzato dal rischio di perdere alcuna prestazione sociale.

Per quale stipendio?
Il Reddito di Base cambia la natura del mercato del lavoro. Per la prima volta nella storia economica e sociale, lo stipendio versato dal datore di lavoro non deve più coprire le necessità primarie del lavoratore, dal momento che questo compito viene assolto dal Reddito di Base . Allo stesso modo, fornendo una base d'indipendenza economica, consente agli aspiranti dipendenti di recuperare la libertà contrattuale e rende così quello del lavoro un vero e proprio mercato.
È soprattutto per i salari più modesti che il Reddito di Base rinforza la posizione dei candidati nella fase di negoziazione dello stipendio, poiché questi avranno la possibilità di rifiutare un'offerta ritenuta insufficiente (il che si tradurrà in una rivalutazione dei suddetti posti di lavoro). Per l'azienda, l'introduzione del Reddito di Base Incondizionato non comporta cambiamenti: a seconda dei modelli di finanziamento presi in considerazione, la massa salariale resterà grosso modo invariata (in questo caso il contributo alla cassa del Reddito di Base sarà prelevato direttamente ed unicamente dai salari), oppure, se è l'impresa in quanto tale ad essere tassata, la diminuzione relativa della massa salariale in senso stretto (i salari netti) sarà compensata dal contributo dell'impresa al finanziamento del Reddito di Base.
Quali che siano i casi, l'ammontare del reddito complessivo del dipendente non cambia (salvo nel caso indicato sopra). Infine, in una certa misura, la nuova libertà contrattuale del dipendente legittima quella del datore di lavoro; a quest'ultimo infatti consente di meglio adattare i propri bisogni di forza lavoro secondo l'andamento dell'attività imprenditoriale.

Il valore etico del lavoro
Sarebbe sbagliato limitare il valore del lavoro a quello di puro mercato, come accade sempre più spesso. Dopo la scomparsa dei lavori ripetitivi e noiosi svolti in ambienti austeri, ora le forze che tendono a distruggere il senso umano e creativo del lavoro sono la pressione, lo stress e le costanti minacce. Al contrario, il Reddito di Base ripristina il valore etico del lavoro, sia nei confronti della società che con sé stessi.
D'altra parte, la pigrizia non risiede nel genoma umano: è soltanto una reazione al lavoro forzato. Donare la possibilità ai lavoratori di rifiutare le proposte di lavoro è una forma di responsabilizzazione. Si abbandona il pretesto della necessità. Senza libertà non c'è una vera etica del lavoro.

Un diritto fondamentale
Il Reddito di Base non è una forma di assistenza, ma un diritto umano. Per questo è corrisposto a tutti, indipendentemente dalla necessità particolari di ogni individuo.
Contrariamente alle forme di sussidio, il Reddito di Base non è “stigmatizzante” perché è concesso a tutti. Riconosce il valore della partecipazione sociale di ciascuno ed elimina l'idea del lavoro retribuito come criterio secondo cui chi non ha un posto di lavoro sarebbe meno importante degli altri. Il Reddito di Base rimuove quindi la pressione che grava su disoccupati, gli "assistiti", e su tutti coloro che un giorno potrebbe diventarlo.

Finanziamento
A parte gli “effetti dinamici”, difficili da stimare, dal punto di vista economico il Reddito di Base Incondizionato è un gioco a somma zero: il valore aggiunto del paese non cambia di un solo franco, mentre la distribuzione cambia in maniera significativa. Prima di essere distribuita sotto forma di salari e rendite di capitale, parte della ricchezza prodotta va a tutta la popolazione residente sotto forma di Reddito di Base Incondizionato.
Per il dipendente, il reddito complessivo non cambia in modo significativo, ma si compone ora di un salario diretto e del Reddito di Base. Per l'azienda, i costi non aumentano: se da un lato pagano meno salari netti, dall'altro pagano un importo approssimativamente equivalente alla cassa del Reddito di Base. Il nodo che resta da sciogliere riguarda il canale attraverso il quale l'operazione viene eseguita.
Se prendiamo per esempio come base di calcolo per un Reddito di Base la cifra di 2'500 al mese per un adulto e 625 al mese (un quarto) per un minorenne, il costo complessivo è pari a circa 200 miliardi all'anno, ossia un terzo del Prodotto Interno Lordo (il P.I.L. nel 2011 è stato di circa 600 miliardi di franchi svizzeri). Ma come vedremo in seguito, solo una piccola parte di questa somma resta da finanziare, dal momento che la gran parte di essa è semplicemente riallocata senza oneri aggiuntivi per lo Stato.

Bisogna distinguere tre fonti di finanziamento:
Le prime due sono semplicemente un trasferimento di costi, mentre l'ultima richiede nuove fonti. La principale fonte di finanziamento è il trasferimento dei costi assicurativi e dell'insieme di prestazioni sociali, agevolazioni ed altri sussidi che il Reddito di Base renderà inutili. A seconda dei punti di vista, l'importo di questo trasferimento si situa intorno ai 60 miliardi. La seconda fonte di finanziamento, stimata attorno ai 110 miliardi, è il trasferimento della quota del reddito da lavoro sostituito dal RBI. Tale importo sarà finanziato dalle imprese, e corrisponderà grossomodo alla quota salariale che queste che non dovranno più versare ai dipendenti, i quali, a loro volta, la riceveranno sotto forma di RBI. Infine, la terza fonte di finanziamento è la differenza tra il costo totale del RBI e la cifra già disponibile (il totale dei trasferimenti di cui sopra) ovverosia 200 miliardi - 60 miliardi - 110 miliardi = 30 miliardi. Tale somma rappresenta approssimativamente lo sforzo reale per finanziare il RBI, che corrisponde all'aumento reale del reddito per una parte della popolazione.
Anche se l'equazione è stata posta in maniera un po' semplificata, dobbiamo in buona sostanza renderci conto che i vari canali di finanziamento sono interdipendenti. Qualunque sia il meccanismo specifico che verrà scelto, il finanziamento sarà basato su un nuovo principio di distribuzione del valore creato dalle attività economiche. Che non sarà più diviso in due parti, ma in tre: i salari, i profitti e il RBI.
Il finanziamento renderà necessario un adeguamento della sistema fiscale per il quale diversi canali ora sono attualmente già in discussione. Nel nostro libro Il Finanziamento del Reddito di Base Incondizionato(FR/DE), vengono prospettate tre soluzioni: la compensazione salariale (addebito diretto sullo stipendio), l'IVA (che potrebbe ripercuotersi in parte sui prezzi dei beni di consumo), e infine l'IVA accompagnata da una revisione dell'imposta federale diretta (FDT) per correggere la graduale diminuzione dell'effetto indiretto delle imposte sul reddito. Un'ulteriore soluzione sarebbe quella di prendere la parte del RBI direttamente sul “valore aggiunto netto” (VAN) delle imprese, ossia il valore calcolato dopo l'ammortamento degli investimenti, dell'IVA e delle eventuali tasse di importazione. In questo caso, non vi sarebbe alcun impatto sui prezzi. Molto probabilmente, la soluzione finale sarà un insieme di queste diverse possibilità.
In sintesi, non è necessario finanziare il costo totale del RBI, perché si tratta in gran parte dello stesso denaro pubblico speso in modo diverso. Per la maggior parte dei dipendenti, il reddito complessivo non cambia in modo significativo, componendosi quindi di un salario diretto e del Reddito di Base Incondizionato. Solo le persone il cui reddito complessivo aumenta grazie al RBI (le famiglie e le persone che esercitano poca o nessuna attività di lucro) genereranno dei costi supplementari. Siamo in grado di stimare questi costi a circa 30 miliardi l'anno. Per le imprese, infine, i costi operativi dovrebbero essere sostanzialmente gli stessi.

Troppo Stato?
Secondo la soluzione presa in considerazione, il finanziamento del Reddito di Base può passare attraverso un prelievo obbligatorio sulla creazione di valore economico, oppure appoggiarsi sulle imposte dirette o indirette. Ma in ogni caso, bisogna distinguere il finanziamento del Reddito di Base dall'azione dello Stato. Anche facendo ricorso alle imposte, nel caso del Reddito di Base la pressione fiscale non apporta alcun beneficio all'amministrazione pubblica o ad una qualsiasi politica interventista. Si tratta di denaro che si trasferisce dalla economia privata all’economia privata attraverso la soddisfazione dei bisogni fondamentali della popolazione; lo Stato svolge solo un ruolo di fiduciario, mentre la libertà individuale, come viene esercitata in un'economia di mercato, rimane intatta. Estendendo la libertà contrattuale ai lavoratori su di un mercato del lavoro finalmente degno del questo nome, il Reddito di Base muove chiaramente nella direzione della libertà individuale.

D'altra parte il Reddito di Base permetterà sicuramente di ridurre il peso e il costo della burocrazia sociale restituendo nel contempo al lavoro sociale tutta la sua dimensione di sostegno ed assistenza. Infine, da un punto di vista prettamente politico, riducendo l'influenza dello Stato sulla vita privata dei cittadini, in particolar modo su coloro che vivono in condizioni modeste, il Reddito di Base contribuirà allo sviluppo della democrazia e della libertà individuale.

foto dal sito citato - la presentazione della proposta

lunedì 18 aprile 2016

vince la trivella


Ecco il saluto de Presidente del Consiglio: “Credo che abbiano vinto gli ingegneri, gli impiegati e gli operai che hanno mantenuto il lavoro, ha vinto chi lavora nelle piattaforme".

Il mar Mediterraneo resterà a rischio, resterà a rischio il lavoro di tutti quelli che lavorano sulla sua ricchezza naturale come pescatori e come operatori del turismo; centinaia di migliaia di lavoratori resteranno a rischio;   una marea nera causata da un incidente sarà sempre possibile,  c’è solo da sperare che non accada.

giovedì 14 aprile 2016

Il mare è nutrimento e lavoro – Il 17 Aprile vota Sì

Ci hanno detto che votando Sì, si mettono in difficoltà i lavoratori che operano sulle piattaforme.
Ebbene non è così.
Con il Sì, si vuole eliminare la concessione automatica e fatta in eterno dal Governo Renzi alle società petrolifere.
Gli impianti di estrazione esistenti potranno rimanere a lavorare fino alla prevista scadenza del contratto.
Ogni contratto deve avere una sua scadenza, è un principo che esiste per tutti contratti, e se il Governo vuole potrà rinnovarlo dopo un’attenta verifica e valutazione della sicurezza degli impianti e non al buio come prevede la norma che si vuole abrogare con il referendum.
A questi due link una più dettagliata informazione sul quesito referendario
Il mare non può essere zona franca dei petrolieri, il mare è una grande riserva naturale e nutrizionale, il mare dà lavoro ai pescatori, il mare pulito incrementa tutto il settore turistico che dà lavoro a milioni di addetti. Un disastro petrolifero sul mare può provocare una catastrofe per centinaia di migliaia di lavoratori.
Ecco cosa accadde nel golfo del Messico
Ecco cosa è accaduto un mese fa nelle coste della Tunisia
Occorre votare Sì proprio per preservare il lavoro di tutti quelli che lavorano sulla ricchezza naturale del mare e per preservarlo come grande fonte economica di ricchezza.
Il voto attualmente riguarda 12 chilometri dalla costa, ma la vittoria del Sì potrà essere un primo monito dato all’Europa e a tutte le nazioni che si affacciano sul Mediterraneo, per la tutela del MARE DI TUTTI,  IL MEDITERRANEO. Il Mediterraneo si dovrà liberare di tutte le trivelle vicine e lontane e anche degli oleodotti e petroliere che lo attraversano. L’era del petrolio deve essere archiviata dalla storia per inziare la nuova era delle energie rinnovabili, capaci di dare molto più lavoro e capaci di preservare l’enorme ricchezza del mare.
Francesco Zaffuto

immagine - pescatori sulla riva del mare - Giovanni Rovero

sabato 2 aprile 2016

Ci risiamo, febbraio aumenta la disoccupazione

A febbraio 2016 la disoccupazione torna a salire (+0,1%) e calano gli occupati (-97mila posti). A pesare è la fine dell’effetto degli sgravi fiscali per le assunzioni a tempo indeterminato previsti dalla legge di stabilità del 2015.
Il dato di febbraio contrasta con i dati positivi riassuntivi annuali, ma i dati riassuntivi annuali misuravano l’effetto di un anno di applicazione degli incentivi.
Ora non si tratta di essere “gufi” o di essere ottimisti, sì tratta di registrare che gli effetti del job act non ci stanno e non potevano esserci.
L’occupazione nel 2015  non è aumentata per la cancellazione dell’art. 18; l’occupazione è aumentata nel 2015 (per quel poco)  perché una parte del costo del lavoro è stata caricata sull’intera collettività e ne hanno beneficiato alcuni imprenditori; appena finiscono i benefici fiscali il tutto tende a ritornare come prima. L’aver cancellato l’articolo 18 ha solo avvantaggiato un po’ d’imprenditori che volevano avere le mani libere nella gestione del personale.
Non si può neanche pensare di continuare con i benefici per l’assunzioni e far pagare alla collettività una parte del costo del lavoro.
Allora??
Allora, bisogna avere il coraggio di guardare alla realtà:
le aziende producono beni, e se per quei beni non c’è domanda la produzione e l’occupazione vanno in crisi. Solo se si potenzia la domanda c’è qualche speranza di uscire dalla crisi e non parlando a vanvera di crescita. Se si produce di più senza vendere c’è solo aumento della crisi o un suo perdurare all’infinito nel tempo.
Occorre avere il coraggio di fare arrivare denaro a chi non lo ha, occorre una migliore redistribuzione della ricchezza. Se continuano ad aumentare i ricchi, ci sarà solo un lieve aumento di consumo di beni di lusso e per il resto ci sarà tesaurizzazione ed aumento del capitale finanziario con tutti i suoi aspetti negativi. Se vengono sostenuti con denaro i ceti più deboli la domanda investe la generalità dei beni stessi e la parte tesaurizzata di denaro diminuisce. L’aumento della domanda riesce ad avere un effetto benefico su  produzione ed occupazione.
 Occorre dare atto che il Governo Renzi, una prima e immediata misura la fece verso l’incremento della domanda, con i cosiddetti 80 euro. Eppure quella misura non si tradusse in un aumento immediato della domanda.  Con la paura della crisi anche i ceti poco abbienti hanno teso a tesaurizzare o a rimandare prudenzialmente i consumi.
 La massa di denaro che fu investito per gli 80 euro se fosse stata investita per iniziare ad affrontare la misura del reddito minimo garantito, avrebbe avuto sicuramente un effetto più immediato sulla domanda e per due motivi:
-    1     il denaro arrivava a chi aveva necessità immediate di beni,
-      2   diminuiva un poco la paura della disoccupazione come catastrofe totale.
Il secondo motivo citato poteva avere il riflesso d’innestare quel minimo di ottimismo di base necessario, per fare riprendere la domanda di quelle famiglie che hanno tranciato i consumi per paura della disoccupazione dei figli.
 Può sembrare un paradosso, ma  una misura come il reddito minimo garantito ha effetti positivi sulla domanda.

Francesco Zaffuto