Nel 2013,
l’Italia ha speso lo 0,03% del Pil in servizi per il lavoro rispetto allo
0,36% della Germania, allo 0,25%
Nel 2014
sono calati i beneficiari delle politiche attive, quelle
misure pubbliche che aiutano chi non ce l’ha a trovare un lavoro
Lo riporta
l’Inps, che
spiega come l’anno scorso gli utenti di questi servizi siano stati 936.640:
un calo del 5,2% rispetto al 2013 e addirittura del 21% rispetto al 2010.
In pratica
il datore di lavoro non si rivolge ai Centri d’impiego e il lavoratore
scoraggiato sa di non trovare offerte di lavoro nei centri pubblici. Allora i
centri privati, il porta a porta, le conoscenze, questo è il modo di trovare
lavoro in Italia e soprattutto il modo per non trovarlo.
La riforma
del settore, annunciata da Renzi con il Jobsa act, è rima sta sulla carta; i Centri si caratterizzano per bassa
copertura del territorio e servizi scarsi.
Per non
parlare che nessun obbligo è fatto al datore di lavoro di fare una qualche
comunicazione delle disponibilità di lavoro ai centri di impiego.
L’ufficio di collocamento che un tempo
prevedeva forme di collocamento obbligatorie è un tabù, e continua ad esserlo
per governo e imprenditori, per i sindacati è una memoria perduta.
Il collocamento in italia è un disastro, è
pensare che con i nuovi strumenti informatici si potrebbe redigere UNA BANCA
DATI NAZIONALI di tutta l’offerta e domanda di lavoro, far arrivare in ogni
parte d’Italia informazioni, almeno per le poche prospettive di lavoro
esistenti. Magari a Treviso cercano un panettiere e ce ne sta uno bravo e
disoccupato a Monza; ma l’informazione non arriverà, e a Treviso si dirà: non
ci sono italiani che vogliono fare i panettieri.
La norma,
entrata in vigore nel giugno 2015, prevede l’istituzione dell’Anpal, Agenzia
nazionale per le politiche attive del lavoro. Questo organismo
deve riportare allo Stato le competenze sui centri per l’impiego che prima
erano in capo alle Regioni. E soprattutto deve dare il via a quel “patto di servizio personalizzato” che delinei il
percorso del disoccupato nella riqualificazione e nella ricerca di una nuova
occupazione. Per gestire la nuova mole di dati, è prevista la creazione di un
sistema informativo unico. Eppure, a cinque mesi dal varo del provvedimento, manca
lo strumento telematico, mancano i patti di servizio e manca
anche l’Anpal, in attesa di nuovi decreti attuativi.
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