Quando si dice aiutiamoli a casa loro, non si può solo dirlo, occorre
farlo, ed anche trovare il modo per farlo.
Un’inchiesta su come l’emigrazione sta spogliando
il Senegal
qui alcuni brani
Secondo gli ultimi dati dell’Oim, quest’anno
almeno seimila migranti senegalesi hanno raggiunto l’Italia attraverso il mare
dalla Libia, più del totale del 2015. E per ogni uomo partito per l’Europa ci
sono famiglie – mogli, figli e genitori – rimasti a casa.
Thiam e altri uomini di Goudiry che hanno
attraversato il Sahara ricordano di essere stati stipati in automobili con
altri 20 migranti, di avere avuto pochissima acqua al punto da essere costretti
a bere la propria urina, di aver seppellito cadaveri lungo tutto il tragitto e
di essere stati picchiati e derubati ai posti di blocco. “Ma non avevo scelta”,
dice Thiam. “Se fossi tornato a casa, la gente avrebbe detto che avevo avuto
paura, che non ero un vero uomo”.
Consapevole di questo rischio, un funzionario del
ministero degli esteri, Serigne Gueye, afferma che il governo sta lavorando per
creare più opportunità di lavoro nell’agricoltura e spiegare i rischi di questo
tipo di emigrazione: “Non è l’El Dorado sognato dalla gente, significa entrare
nella tana del leone. Vogliamo che i migranti capiscano che ciò che ci sta a
cuore non è che vivano all’estero, ma che riescano a tornare in Senegal”.
Dice Issa, che ha 68 anni. “Il Senegal può
progredire e svilupparsi se i giovani restano qui e lavorano qui”.
Aliou Thiam sorride con sarcasmo all’idea di
poter avere una vita migliore in Senegal. “È meglio morire che restare qui”,
dice Thiam. “Qui non ho niente”.
Per leggere tutta
l’inchiesta
http://www.internazionale.it/notizie/kieran-guilbert/2016/10/20/senegal-uomini-migrazione
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