Una
domanda di cibo biologico in continua crescita e un’offerta che stenta a
decollare, costringendo le industrie alimentari ad approvvigionarsi all’estero.
I cereali biologici in Italia sono sempre più richiesti, ma la conversione
delle superfici coltivate procede a rilento, nonostante la redditività per
ettaro sia nettamente superiore a quella del convenzionale.
Sia perché le aziende trasformatrici hanno esigenza di creare
filiere biologiche al 100% e sono quindi disposte a riconoscere prezzi molto
alti per granelle e farine coltivate senza l’impiego della chimica di sintesi,
sia perché la politica agricola europea sostiene con interessanti incentivi le
imprese agricole che decidono di convertirsi (Il Programma di Sviluppo
Rurale (Psr) del Veneto ha stanziato 559 euro l’ettaro per la conversione dei
seminativi).
«In Italia c’è un problema culturale da superare – afferma Massimo Roncon, titolare di Agricola Grains – la stragrande maggioranza degli agricoltori è legata alle pratiche tradizionali, anche se negli ultimi anni la crescita esponenziale della domanda e gli incentivi dei Psr stanno pian piano convincendo molto imprenditori a sposare un nuovo modo di fare agricoltura, più redditizio e anche più sostenibile».
Tra le colture estensive bio più richieste ci sono il grano tenero (utilizzato per confezionare prodotti da forno e amido), il grano duro (per la pasta), il girasole (per produrre olio di semi) e la soia. Un terzo dei cereali bio italiani o dei derivati finisce all’estero, soprattutto negli Stati Uniti e nel Nord Europa, con il risultato che le industrie alimentari italiane sono costrette a importare materia prima dall’estero (in particolare dall’Est Europa) per soddisfare le richieste di prodotti bio del mercato.
«In Italia c’è un problema culturale da superare – afferma Massimo Roncon, titolare di Agricola Grains – la stragrande maggioranza degli agricoltori è legata alle pratiche tradizionali, anche se negli ultimi anni la crescita esponenziale della domanda e gli incentivi dei Psr stanno pian piano convincendo molto imprenditori a sposare un nuovo modo di fare agricoltura, più redditizio e anche più sostenibile».
Tra le colture estensive bio più richieste ci sono il grano tenero (utilizzato per confezionare prodotti da forno e amido), il grano duro (per la pasta), il girasole (per produrre olio di semi) e la soia. Un terzo dei cereali bio italiani o dei derivati finisce all’estero, soprattutto negli Stati Uniti e nel Nord Europa, con il risultato che le industrie alimentari italiane sono costrette a importare materia prima dall’estero (in particolare dall’Est Europa) per soddisfare le richieste di prodotti bio del mercato.
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