mercoledì 1 maggio 2013

Immigrati tra buonismo e persecuzione



Si dice che gli immigrati fanno il lavoro che gli italiani non vogliono fare, ma ciò è solo parzialmente vero: padroni, padroncini e caporali che assumono in nero preferiscono dare lavoro ad un immigrato perché è disponibile a lavorare con paghe ridotte e spesso è disponibile anche a lavorare in precarie condizioni di sicurezza.


In Italia sulla questione immigrati la politica oscilla tra il buonismo e la persecuzione.
Gli ultimi dispositivi normativi messi in campo dal Governo su pressione della Lega sono stati propagandati come il massimo della rigidità contro i clandestini: la clandestinità è stata considerata reato e l’affitto di case agli immigrati irregolari è stato considerato come favoreggiamento di un reato.
Ma il nodo del problema è il lavoro nero: diffuso nel nostro paese tra clandestini, tra immigrati regolari e tra gli stessi italiani.Il lavoro nero è una specie di terza economia nel nostro paese, tutti i politici ne parlano male da tanti anni, e nessuno si vuole assumere la responsabilità politica di mettere in campo dei dispositivi normativi per contrastarlo. I dispositivi normativi debbono essere necessariamente rigidi prevedendo delle penalità scoraggianti per i datori di lavoro in nero; la mancata dichiarazione dell’assunzione anche per un solo giorno di un lavoratore deve essere considerata reato. Non si possono perseguitare i disperati,vanno ostacolati quelli che si arricchiscono sulle loro spalle.
Occorre anche avere il coraggio di affrontare i meccanismi del collocamento al lavoro, non si può accettare che il collocamento sia fatto arbitrariamente da privati al di fuori di ogni controllo. I comuni debbono farsi promotori di uffici di collocamento per tutti i cittadini ed in particolare per gli stessi immigrati che debbono poter accedere al lavoro attraverso uffici di lavoro pubblici.
Solo con un lavoro liberato dai meccanismi di ricatto si può cominciare ad affrontare il problema dell’immigrazione nei giusti termini di integrazione. Altrimenti rischiamo di dare fette di territorio alle mafie locali e incrementiamo i fenomeni di razzismo.
Della eliminazione del lavoro nero ne trarranno un sicuro beneficio i lavoratori italiani, l’intera collettività per gli aspetti fiscali (poiché dietro il lavoro nero si nasconde la fetta più cospicua dell’evasione), gli stessi immigrati che potranno valutare le condizioni del loro soggiorno in Italia in modo chiaro e alla luce del sole.
Pare che la classe politica nel nostro paese sia in gran parte ostaggio delle componenti sociali che sul lavoro nero hanno trovato possibilità di arricchimento o si è adagiata per pigrizia mentale su una prassi consuetudinaria . Esiste una specie di ricatto strisciante per la politica che si manifesta con la paura delle conseguenze economiche negative che si possono ipoteticamente determinare con l’eliminazione dell’economia in nero. Le conseguenze possono essere solo positive se il problema si affronta con qualche misura appropriata sul piano dei contributi sociali e sul piano fiscale.
Il sindacato deve assumere il coraggio di farsi principale artefice di questa battaglia: lavoro nero, precariato diffuso e disoccupazione sono la cancrena del nostro paese.
francesco zaffuto
(immagine – “buio_book - Buio essere nel Buio: quando il giorno entra in occhi ” © arianna veneronihttp://www.flickr.com/photos/arive11/ )

1 commento:

  1. Una buona parte dei motivi che hanno fatto incancrenire la situazione credo sia da imputare alla burocrazia, corda al collo di tutte le iniziative, sia imprenditoriali che di dipendenza.
    Leggi e leggine, lacci e lacciuoli, imbrigliano chiunque pensi (tenti) di intraprendere un'attività.
    Anche le parti fiscali e contributive sono state rese quanto più complicate possibile, quasi programmando le sanzioni come fossero un'entrata supplettiva sicura.
    Ciao, buon fine settimana.

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