A
febbraio 2016 la disoccupazione torna a salire (+0,1%) e calano gli occupati (-97mila
posti). A pesare è la fine dell’effetto degli sgravi fiscali per le assunzioni
a tempo indeterminato previsti dalla legge di stabilità del 2015.
Il
dato di febbraio contrasta con i dati positivi riassuntivi annuali, ma i dati
riassuntivi annuali misuravano l’effetto di un anno di applicazione degli
incentivi.
Ora
non si tratta di essere “gufi” o di essere ottimisti, sì tratta di registrare
che gli effetti del job act non ci stanno e non potevano esserci.
L’occupazione
nel 2015 non è aumentata per la
cancellazione dell’art. 18; l’occupazione è aumentata nel 2015 (per quel poco) perché una parte del costo del lavoro è stata
caricata sull’intera collettività e ne hanno beneficiato alcuni imprenditori; appena
finiscono i benefici fiscali il tutto tende a ritornare come prima. L’aver
cancellato l’articolo 18 ha solo avvantaggiato un po’ d’imprenditori che
volevano avere le mani libere nella gestione del personale.
Non
si può neanche pensare di continuare con i benefici per l’assunzioni e far
pagare alla collettività una parte del costo del lavoro.
Allora??
Allora,
bisogna avere il coraggio di guardare alla realtà:
le
aziende producono beni, e se per quei beni non c’è domanda la produzione e l’occupazione
vanno in crisi. Solo se si potenzia la domanda c’è qualche speranza di uscire
dalla crisi e non parlando a vanvera di crescita. Se si produce di più senza
vendere c’è solo aumento della crisi o un suo perdurare all’infinito nel tempo.
Occorre
avere il coraggio di fare arrivare denaro a chi non lo ha, occorre una migliore
redistribuzione della ricchezza. Se continuano ad aumentare i ricchi, ci sarà
solo un lieve aumento di consumo di beni di lusso e per il resto ci sarà
tesaurizzazione ed aumento del capitale finanziario con tutti i suoi aspetti
negativi. Se vengono sostenuti con denaro i ceti più deboli la domanda investe
la generalità dei beni stessi e la parte tesaurizzata di denaro diminuisce. L’aumento
della domanda riesce ad avere un effetto benefico su produzione ed occupazione.
Occorre dare atto che il Governo Renzi, una
prima e immediata misura la fece verso l’incremento della domanda, con i cosiddetti
80 euro. Eppure quella misura non si tradusse in un aumento immediato della
domanda. Con la paura della crisi anche
i ceti poco abbienti hanno teso a tesaurizzare o a rimandare prudenzialmente i
consumi.
La massa di denaro che fu investito per gli 80
euro se fosse stata investita per iniziare ad affrontare la misura del reddito
minimo garantito, avrebbe avuto sicuramente un effetto più immediato sulla
domanda e per due motivi:
- 1 il denaro arrivava a chi aveva necessità immediate di beni,
- 2 diminuiva un poco la paura della disoccupazione come catastrofe
totale.
Il
secondo motivo citato poteva avere il riflesso d’innestare quel minimo di
ottimismo di base necessario, per fare riprendere la domanda di quelle famiglie
che hanno tranciato i consumi per paura della disoccupazione dei figli.
Può sembrare un paradosso, ma una misura come il reddito minimo garantito
ha effetti positivi sulla domanda.
Francesco
Zaffuto
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