“C'è l'idea di fare del mondo del lavoro il luogo dello
scontro. L'idea di mettere gli uni contro gli altri gli operatori del mondo del
lavoro. È una delle idee - aggiunge - che ha bloccato l'Italia in questi anni.
Dividendo magari l'Italia del lavoro e quella dei padroni. Io sono qui a dire
che non c'è una doppia Italia. C'è un'Italia una e indivisibile.”
Sono frasi pronunciate a
Brescia nella, giornata del 3 novembre 2014, da Matteo Renzi Presidente del Consiglio e Segretario del più
grande partito della sinistra.
Se quello che viene
prodotto non viene venduto operaio e imprenditore si possono trovare nella
stessa barca e arrivare alla disperazione.
Si può negare che un
imprenditore sia anche un lavoratore? Certo che no, ma c’è una piccola differenza:
l’operaio lavora per il salario e l’imprenditore lavora per il profitto. Se il
salario cresce il profitto può anche diminuire.
Non c’è più il padrone? Diciamo che esistono più figure:
abbiamo ancora qualche
imprenditore che è il padrone in toto di una fabbrica;
abbiamo manager
(amministratori delegati e quadri di alto livello) che guadagnano più dei
padroni e comandano più dei padroni;
abbiamo azionisti che
controllano attraverso i pacchetti azionari tante società e riescono a nominare
gli amministratori che vogliono, e
abbiamo tantissimi piccoli azionisti che pensano di essere padroni e che si
possono ritrovare con azioni che valgono meno di un pugno di mosche;
abbiamo finanziatori
(spesso banche) che possono togliere il finanziamento da un momento all’altro e
lasciare le aziende in grave difficoltà;
abbiamo finanzieri che
trasferiscono ricchezze ogni giorno in base ad uno scostamento di borsa
determinando disastri, e abbiamo anche quelli che si trasferiscono in paradisi fiscali;
abbiamo anche usurai
collusi con la mafia;
abbiamo imprenditori che
pagano le tasse e i contributi e imprenditori che evadono, e, tra gli evasori stessi abbiamo quelli che
evadono per sopravvivere e quelli che evadono per aumentare le proprie
ricchezze.
Tra gli operai è più
semplice: ci sono quelli che guadagnano un po’ di più e quelli che guadagnano
poco ma trattasi sempre di salario. Ma la distinzione più grossa è tra quelli che
il lavoro ce l’hanno e quelli che non ce l’hanno. Tra quelli che possono
percepire un minimo di cassa integrazione e quelli che non percepiscono nulla.
Poi ci sono quelli che non sono mai riusciti a trovare un lavoro, quelli che
sono disoccupati da giorni e quelli che lo sono da anni, e infine ci sono
quelli che se ne sono andati.
La situazione nel mondo del
lavoro è complessa, le differenze esistono, gli appelli retorici non portano da nessuna parte, e non è fondando
una nuova ideologia panpatriottica che
si può uscire da questa crisi.
Si può concordare Presidente con la sua idea
di modificare l’IRAP togliendo il peso del costo del lavoro, è una buona
scelta; ma Lei si è giocato diversi miliardi per l’operazione 80 euro ed è
pronto a giocarsi altri miliardi con il bonus bebè (operazioni elettorali), in
pratica ha speso tutti i soldi che potevano servire per fare un primo passo per
un welfare generalizzato. Di che cosa sta parlando Presidente quando dice di
commuoversi per i disoccupati?
04/11/2014 francesco
zaffuto
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