Nei
primi due mesi del 2015, i nuovi rapporti di lavoro a tempo indeterminato
stipulati in Italia, rilevati da Inps, sono stati 307.582, il 20,7% in più
rispetto all'analogo bimestre del 2014. Se si considerano anche le conversioni
a tempo indeterminato di rapporti a termine e gli apprendisti “trasformati” in
tempo indeterminato, sono 403.386 i nuovi rapporti di lavoro a tempo
indeterminato stipulati nel primo bimestre dell’anno (in questo caso la
variazione rispetto allo stesso periodo del 2014 è di +12,3%). Pertanto la
quota di nuovi rapporti di lavoro stabili è passata dal 37,1% del primo
bimestre 2014, al 41,6% dei primi due mesi del 2015. Resta però sotto il
livello del 2013, quando il lavoro stabile era al 43,85% del totale.
Sul
versante delle assunzioni a termine si registra un calo del 7% e anche per
l'apprendistato, sempre nel primo bimestre dell'anno, si vede una flessione
dell'11,3%.
Quello che è
accaduto nei primi due mesi del 2015 si può spiegare con la scelta fatta da
alcune imprese di trasformare alcuni contratti a tempo determinato in contratti
a tempo indeterminato per fruire delle agevolazioni economiche del governo. Il
fenomeno in sé non è negativo ma nei fatti è ben limitato nei suoi effetti:
costa alla collettività nel suo complesso, migliora leggermente il rapporto di
lavoro per i nuovi assunti a tempo indeterminato (leggermente visto che saranno
licenziabili con le nuove regole a tutele crescenti), ma non
produce nuovi posto di lavoro. I posti di lavoro sono legati all’aumento della
produzione e la produzione è legata all’aumento degli investimenti. Intanto gli
investimenti privati non tendono ad aumentare e gli investimenti pubblici sono
in ritirata per la scelta un po’ miope che lo Stato deve privatizzare tutto.
(f.z.)
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