lunedì 13 aprile 2015

Contratti a tempo indeterminato e il facile ottimismo

Nei primi due mesi del 2015, i nuovi rapporti di lavoro a tempo indeterminato stipulati in Italia, rilevati da Inps, sono stati 307.582, il 20,7% in più rispetto all'analogo bimestre del 2014. Se si considerano anche le conversioni a tempo indeterminato di rapporti a termine e gli apprendisti “trasformati” in tempo indeterminato, sono 403.386 i nuovi rapporti di lavoro a tempo indeterminato stipulati nel primo bimestre dell’anno (in questo caso la variazione rispetto allo stesso periodo del 2014 è di +12,3%). Pertanto la quota di nuovi rapporti di lavoro stabili è passata dal 37,1% del primo bimestre 2014, al 41,6% dei primi due mesi del 2015. Resta però sotto il livello del 2013, quando il lavoro stabile era al 43,85% del totale.
Sul versante delle assunzioni a termine si registra un calo del 7% e anche per l'apprendistato, sempre nel primo bimestre dell'anno, si vede una flessione dell'11,3%.


Quello che è accaduto nei primi due mesi del 2015 si può spiegare con la scelta fatta da alcune imprese di trasformare alcuni contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato per fruire delle agevolazioni economiche del governo. Il fenomeno in sé non è negativo ma nei fatti è ben limitato nei suoi effetti: costa alla collettività nel suo complesso, migliora leggermente il rapporto di lavoro per i nuovi assunti a tempo indeterminato (leggermente visto che saranno licenziabili con le nuove regole a tutele crescenti),  ma  non produce nuovi posto di lavoro. I posti di lavoro sono legati all’aumento della produzione e la produzione è legata all’aumento degli investimenti. Intanto gli investimenti privati non tendono ad aumentare e gli investimenti pubblici sono in ritirata per la scelta un po’ miope che lo Stato deve privatizzare tutto. (f.z.)

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