articolo riportato da Il Fatto quotidiano
L’hanno trovata. La
copertura finanziaria per il reddito di cittadinanza
esiste ed è realizzabile. O
almeno è quello che promette il Movimento 5 Stelle,
che dopo sei mesi di lavoro annuncia “abbiamo un disegno di legge”. Costa 20
miliardi e prevede un contributo di massimo 600
euro per chi ha perso il lavoro o si trova sotto la soglia di povertà. E’
il punto numero uno del programma elettorale, promosso da Beppe Grillo nelle
piazze di tutta Italia e la proposta che non possono mancare. Il modello è la Francia, e non
la Svizzera come aveva detto il leader, e soprattutto il sostegno è legato ad
una riorganizzazione dei centri dell’impiego. Tecnicamente andrebbe chiamato
“reddito minimo garantito” e non
“reddito di cittadinanza”, perché quest’ultimo indica l’erogazione di fondi ai cittadini
maggiorenni a prescindere che lavorino o no, ma resta una forma di
contributo.
La presentazione sarà fatta in via
ufficiale nei prossimi giorni, ilfattoquotidiano.it ha potuto ricostruire gli aspetti
fondamentali del disegno di legge. E’ un progetto a cui guardano con interesse
Pd e Sel, ma il rischio è quello di vederlo accantonato alla prima votazione,
dimenticato insieme alle altre centinaia di leggi studiate dal Movimento e che
non trovano i voti necessari per essere discusse. “I soldi ci sono”, assicura
il senatore a 5 Stelle Alberto Airola,
“Non ci vengano a dire che non si può realizzare perché 20 miliardi li possiamo
ricavare senza problemi. Noi, a differenza degli altri partiti, siamo
preoccupati per la situazione sociale italiana. Enrico Letta invece l’ha definito un progetto
‘divisivo’”.
E’ il loro terreno e tra discussioni
politiche e malumori interni, sanno che questa è la prova che non possono sbagliare.
Il progetto, elaborato da gruppi di lavoro locali e nazionali, prevede uno schema di reddito minimo
garantito del “costo di 19-20 miliardi”, agganciato ad una
riforma del mercato del lavoro. Se Grillo in campagna elettorale parlava di un sostegno di 1.000 euro per i
disoccupati, ora le cifre cambiano. In base alla proposta,
avranno diritto al reddito tutti i cittadini residenti in Italia. Potrà
beneficiarne chiunque abbia perso il lavoro e chi, pur lavorando, non riesca a
superare la soglia di povertà: nel primo caso verrà erogato il contributo
massimo di 600 euro; nel secondo caso lo Stato provvederà ad integrare il
reddito fino a quota
600. L’importo sarà calcolato sulla base del nucleo familiare,
ma l’aiuto verrà erogato ad ogni membro. Esempio: una famiglia è composta da
due persone, una percepisce un reddito di 400 euro al mese e l’altra non ha
entrate. Il primo componente riceverà 200 euro (per arrivare a quota 600), il
secondo riceverà il contributo pieno e per ogni figlio a carico aumenterà l’importo
del sostegno. Che andrà ad integrare anche le
pensioni minime. Nessuna notizia ancora della copertura
finanziaria: i modi e i tempi verranno svelati una volta che la bozza sarà
presentata ufficialmente.
Il reddito ideato dal M5S è basato sul riordino dei centri per
l’impiego. “Le riforme che si sono susseguite negli anni hanno
esternalizzato parte dei servizi – spiega la senatrice Nunzia Catalfo,
membro del team che ha elaborato il progetto – finendo per paralizzare il sistema perché non c’è un ente che coordina il lavoro delle strutture pubbliche con quello delle agenzie private. In base alla nostra proposta sarà il ministero del Lavoro a farlo”. I centri per l’impiego offriranno a chi è disoccupato fino a 3 offerte di lavoro “congrue”, ovvero adatte al suo curriculum: “Se uno è laureato in ingegneria non gli si può chiedere di fare il giardiniere”. Al terzo rifiuto, si perde il diritto al reddito.
membro del team che ha elaborato il progetto – finendo per paralizzare il sistema perché non c’è un ente che coordina il lavoro delle strutture pubbliche con quello delle agenzie private. In base alla nostra proposta sarà il ministero del Lavoro a farlo”. I centri per l’impiego offriranno a chi è disoccupato fino a 3 offerte di lavoro “congrue”, ovvero adatte al suo curriculum: “Se uno è laureato in ingegneria non gli si può chiedere di fare il giardiniere”. Al terzo rifiuto, si perde il diritto al reddito.
In Francia esiste qualcosa di simile: è il Revenu de Solidarité Active, introdotto nel 2009. Ne ha
diritto chi risiede nel paese da più di 5 anni, ha più di 25 anni, chi è più
giovane ma ha un figlio a carico o 2 anni di lavoro sul curriculum. Un singolo
percepisce 460 euro mensili,
una coppia con 2 figli 966 euro. L’importo cresce con l’aumentare della prole
ed è modulare: man mano che cresce il reddito da lavoro, diminuisce il sussidio
ma in questo modo il reddito disponibile aumenta. Differente il progetto di
reddito di cittadinanza che presto sarà sottoposto a referendum in Svizzera,
indicato da Beppe Grillo come modello per la proposta del M5S. Oltreconfine il
comitato popolareGrundeinkommen ha presentato al Parlamento una
petizione con 126 mila firme per assicurare 2.500 franchi al mese (2.064 euro)
a ogni cittadino maggiorenne e 500 franchi (412 euro) a ciascun minorenne a
prescindere dal fatto che lavorino o siano disposti a farlo.
In Italia l’ostacolo più grande, oltre ogni
proclamo, è quello di riuscire a far entrare il disegno di legge
nell’agenda politica italiana. Sulla carta, anche Pd e Sel
chiedono il reddito minimo di cittadinanza. I democratici hanno presentato una
proposta di legge alla Camera, assegnata il 24 giugno alle commissioni riunite
Lavoro e Affari sociali, ma l’esame non è ancora iniziato. L’ipotesi del Pd
prevede un contributo di 500 al mese, per coloro che hanno un Isee non
superiore a 6.880 euro annui. Il partito di Nichi Vendola invece
eleva la soglia a a 600 euro ciascuno da destinare a chi ha un reddito
personale imponibile non superiore a 8.000 euro.
Ma dalle proposte ai fatti, la strada è
lunga. Il Movimento 5 Stelle aveva presentato in Senato una mozione: il 26
giugno l’Aula l’ha bocciata con 181 voti di Pd, Pdl e Scelta Civica.
E non solo. “In Commissione”, racconta Sara Paglini, una
delle referenti del gruppo di lavoro , “ci è stato bocciato l’ordine del giorno
per poter discutere di reddito minimo garantito. Solo Sel si è astenuta, dicono
che vogliono prima vedere la nostra bozza. Ma la verità è che non vogliono
affrontare l’argomento. Manca la
volontà politica“. La speranza dei 5 Stelle è quella di poter
avere più influenza se il progetto risulterà effettivamente realizzabile.
“Abbiamo le coperture ed è la strada per far ripartre la nostra economia”, ha
commentato la senatrice Catalfo, “in un momento in cui le esportazioni danno
segnali di ripresa ma cala il consumo interno, e quindi il Pil, perché le
famiglie non hanno soldi da spendere, occorre sostenerle per metterle in
condizione di consumare e far lavorare di conseguenza le aziende italiane.
Oltre ad aiutare chi non riesce a vivere una
vita dignitosa“.
di Marco Quarantelli e Martina
Castigliani
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