giovedì 2 gennaio 2014

QUANDO IL LAVORO DIVENTA MOSTRUOSITA’


La tragedia accaduta alla fine dell’anno in una famiglia del Piemonte (nel comune di Collegno) ha avuto aspetti raccapriccianti; un uomo di 57 anni ha sterminato tutta la sua famiglia e poi si è suicidato. Per la cronaca si rinvia a questo link de La Stampa
Lo stesso cronista, nel commentare il fatto, ha trovato una qualche relazione tra l’episodio di follia e la nuova condizione di disoccupazione in cui si era venuto a trovare da tre mesi l’uomo di 57 anni.  In un caso limite come questo non è facile porre delle relazioni; ma se si fa memoria di altri casi limite e se si aggiungono i tanti casi di suicidio connessi alla perdita del lavoro, possiamo dire che i casi limite sono la punta di un grande malessere.
La disoccupazione spesso è vissuta come annientamento e come impossibilità a potersi ricostruire una immagine della propria esistenza per sopportare l’esistenza stessa.
Se il lavoro è l’unica fonte di reddito per la sopravvivenza, se con il lavoro ci si identifica in tutto, se quando il lavoro cessa viene a cessare anche l’uomo: il lavoro è una mostruosità e la disoccupazione è un aspetto della mostruosità stessa del lavoro.
 In questa società dominata da una tecnologia avanzata che tende ad espellere la forza lavoro  non è facile difendersi. Non basta il sogno di una ripresa della crescita per riprodurre le stesse condizioni precedenti alla crisi economica. Non basta un obolo di carità dato a chi non lavora per tenerlo in stato di espulsione.
 Occorre che si costruiscano strumenti inclusivi sul piano economico e una cultura che ponga al centro la persona umana.
 Lo strumento inclusivo più importante è quello del “lavorare meno lavorare tutti”; quello che può sembrare un vecchio slogan utopistico è il progetto umano per la società del futuro.
  Sul piano culturale quelle domande costanti che incontriamo nella nostra vita quotidiana: “che lavoro fai?” e “quanto denaro hai?” dovranno essere sostituite da un sostanziale “chi sei?” e “come stai?”.

2 gennaio 2014 francesco zaffuto

immagine - coercizione - fotocomposizione di Liborio Mastrosimone - http://libomast1949.blogspot.com/

1 commento:

  1. Avere o essere... Fromm aveva puntato il dito sulla questione molti anni fa ma quel che ha scritto non ci è servito e tutta la società è stata strutturata in modo che chi sceglieva di "essere" veniva penalizzato e ridicolizzato.
    Anche chi diceva che non era necessario lavorare tanto ma che lo era che lo facessero tutti veniva sbeffeggiato. Oggi vediamo che avevano ragione tutti coloro che mettevano in guardia da questi ritmi folli e dal consumismo sfrenato. Oggi, che è difficile tornare indietro, sappiamo che pagheremo cara la lotta per avere il diritto di fare scelte più giuste.
    Dei sindacati non parlo, avrei troppo, di male, da dire.
    Grazie Francesco, i tuoi argomenti mi consolano.

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