martedì 20 dicembre 2016

Voucher: entità, Poletti, e i dati di Lombardia e Veneto

Quasi quattro miliardi di euro. Tanto valgono i 387 milioni di voucher venduti dal 2008, primo anno di sperimentazione, fino allo scorso settembre. I buoni lavoro esentasse da 10 euro lordi - 7 euro e mezzo netti, tolti i mini contributi e la quota Inail - da quando crescono al galoppo bruciando di mese in mese ogni record storico, grazie alla liberalizzazione della legge Fornero nel 2012 (che li estese ad ogni ambito) e al generoso innalzamento del tetto deciso dal governo Renzi (da 5 mila a 7 euro all'anno), si sono guadagnati la triste fama di "nuova frontiera del precariato".
Uno dei tre referendum proposti dalla Cgil - e sulla cui ammissibilità si esprimerà la Corte Costituzionale a partire dall'11 gennaio - ne chiede l'abrogazione.
 Il ministro del Lavoro Poletti è in attesa di leggere il primo report sulla tracciabilità dei buoni (arriverà nei primi giorni di gennaio), obbligatoria dall'8 ottobre, come deterrente per il lavoro nero mascherato dai voucher: il datore di lavoro deve inviare un sms o una mail almeno 60 minuti prima dell'inizio della prestazione all'Ispettorato nazionale, pena una sanzione da 400 a 2.400 euro. Se il risultato non sarà buono, in mancanza cioè di "una sensibile diminuzione" nella vendita dei ticket, spiegano i tecnici del dicastero, allora si metterà mano alla normativa, rendendola più severa.
La situazione nei territori sembra però allarmante. Le Regioni che più fanno uso dei buoni sono le più produttive. Dopo la Lombardia (con 20 milioni venduti nei primi nove mesi) c'è il Veneto (con 18 milioni).
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