martedì 28 maggio 2013

Nazionalizzare l’ILVA

 Di nazionalizzazione se ne comincia a parlare dopo le dimissioni del CDA dell’ILVA; ecco come si è espresso Francesco Boccia, presidente della Commissione bilancio alla Camera : “Se la famiglia Riva non è in grado di mantenere gli impegni presi, ovvero fare le bonifiche che erano state concordate con lo Stato, non vedo alternative che un intervento dello Stato” … “quando non ci sono privati in grado di produrre un bene ritenuto essenziale dal Paese è giusto nazionalizzare e in questo caso temo non ci siano”.
 Per troppa indecisione del precedente Governo Monti di tempo se ne è perso tanto, ora cominciano le incertezze del governo Letta.
  La mancata attuazione di provvedimenti di disinquinamento ha già determinato il sequestro degli impianti deciso dai magistrati di Taranto e la famiglia Riva, che dovrebbe mantenere gli impegni industriali presi con il Governo,  si trova con  gli arresti domiciliari  confermati dalla Corte di Cassazione.  Non c’è più tempo da perdere.
  L’ILVA un tempo era Italsider ed era pubblica
 Nel 1995 si portò a compimento uno dei più grandi fallimenti dello Stato. L’Italsider era un fiore all’occhiello della rinascita italiana post bellica, era un’azienda risanata e potenziata dai finanziamenti statali e fu regalata ai privati. Se restava pubblica i controlli sui danni ambientali sarebbero stati più agevoli,  i dirigenti dell’industria pubblica potevano essere licenziati se inquinavano, e come l’industria pubblica non aveva il problema di fare utili e guadagnare sulla pelle della popolazione locale. Aveva però  il dovere di mantenere i conti in pareggio e sindacati e operai potevano essere chiamati a collaborare.
 Lo Stato,  per tutelare la salute pubblica garantita dall’articolo 32 della Costituzione poteva e può fare un decreto di requisizione. La strada è quella di una nazionalizzazione tramite requisizione per gravi danni provocati, avvio immediato dell’opera di disinquinamento e ripresa della produzione con le dovute garanzie sulla salute;  alla fine dell’opera di disinquinamento si potranno anche pagare i proprietari,  se rimane qualcosa.

 Le concezioni liberiste che si sono diffuse in Europa non impediscono l’intervento dello Stato nell’industria siderurgica, qui non si tratta di alterare la libera concorrenza, si tratta di rispettare tre obblighi costituzionali dell’Italia: difendere l’occupazione, difendere la salute, difendere l’ambiente.

lunedì 27 maggio 2013

SVEZIA DOVE SEI …!?

Avevamo un mito: la società Svedese capace di integrare  e oggi pare crollare dopo sette giorni di scontri.
 Grave, eppure in Italia ne stiamo parlando ben poco di quello che sta accadendo in Svezia.
 Cosa pensiamo ??? di essere meglio della Svezia in materia di integrazione   ??? oppure preferiamo parlarne poco perché è così difficile affrontare i problemi  di integrazione e preferiamo escluderli dal nostro pensare?
  Il nodo principale dell’integrazione è IL LAVORO. Se si sommano due masse di disoccupati, quelli indigeni e quelli che arrivano da fuori il rischio di esplosione è forte.
 Con il 15 per cento della popolazione di origine extraeuropea la Svezia è stato il secondo paese più sognato;  lo scorso anno ha avuto 44 mila richieste di asilo. Ora il  paese scandinavo sembra non reggere più l'impatto e si trasforma; alla fine del 2012 è stato approvato il progetto Reva che ha consentito di fermare e denunciare immediatamente gli immigrati senza permesso di soggiorno.
 La Svezia è andata avanti con il liberismo in fatto di mano d’opera e ingressi e ora tenta di tornare indietro,
 Lo stato scandinavo con il suo pur generoso stato sociale non è riuscito a integrare alcune fasce della popolazione: secondo l’Economist  solo il 51% degli extraeuropei ha un lavoro, contro l'84% degli svedesi.
 Quali sono i dati Italiani? Andiamo a spanne su alcuni dati ISTAT, i nostri uffici di collocamento non centralizzano un bel nulla e non si riesce neanche minimamente a misurare il lavoro in nero e precario, fatto sta che in Italia non si trova neanche un lavoro umile e sono forti le contraddizioni tra italiani e stranieri in materia di lavoro.
 In Italia si registrano casi di violenza isolati e numerosi casi di suicidio,  potrebbe accadere anche peggio della Svezia;  forse reggiamo perché ancora un trancio di pizza si riesce a rimediare e gli italiani rivolgono la parola e qualche gesto cordiale agli immigrati, siamo appesi a un filo di mozzarella che può staccarsi da un momento all’altro.

27/05/13 francesco zaffuto
immagine - una foto turistica di Stoccolma

domenica 26 maggio 2013

FATTO IN LUSSEMBURGO nel 1992

Per fare memoria ai nostri politici e noi stessi sulle indicazioni europee in materia
Di REDDITO MINIMO GARANTITO
Qui le Raccomandazioni CEE disattese dall’Italia da ben 21 anni  
(testo integrale con qualche evidenziazione in rosso)

92/441/CEE: Raccomandazione del Consiglio, del 24 giugno 1992, in cui si definiscono i criteri comuni in materia di risorse e prestazioni sufficienti nei sistemi di protezione sociale 

Ebbero anche una pubblicazione in Gazzetta ufficiale n. L 245 del 26/08/1992 pag. 0046 – 0048

RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO del 24 giugno 1992 in cui si definiscono i criteri comuni in materia di risorse e prestazioni sufficienti nei sistemi di protezione sociale (92/441/CEE)
IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE,
visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 235,
vista la proposta della Commissione (1),
visto il parere del Parlamento europeo (2),
visto il parere del Comitato economico e sociale (3);
(1) considerando che per il rafforzamento della coesione sociale nella Comunità occorre favorire la solidarietà nei confronti delle persone più svantaggiate e vulnerabili;
(2) considerando che il rispetto della dignità umana costituisce uno dei diritti fondamentali su cui è basato il diritto comunitario, riconosciuti nel preambolo dell'atto unico europeo;
(3) considerando che nell'ultimo decennio si sono potenziati e diversificati i processi di emarginazione sociale ed i rischi di caduta in condizioni di precarietà, soprattutto a seguito dell'evoluzione combinata, da un lato, del mercato del lavoro, con particolare riguardo all'aumento della disoccupazione protratta e, dall'altro, delle strutture familiari, con particolare riguardo al moltiplicarsi delle situazioni d'isolamento;
(4) considerando che alla politica generale di sviluppo, la quale può contribuire a frenare le evoluzioni strutturali indicate, occorre abbinare politiche di integrazione specifiche, sistematiche e coerenti;
(5) considerando che è pertanto opportuno perseverare negli sforzi e consolidare i progressi finora compiuti nelle politiche sociali e adeguare tali politiche al carattere pluridimensionale dell'emarginazione sociale, il che implica la necessità di affiancare alle varie forme necessarie di sostegno immediato altre misure volte a favorire con decisione l'integrazione economica e sociale dei cittadini interessati;
(6) considerando che coloro che soffrono di penuria, irregolarità e precarietà delle risorse non sono in grado di partecipare attivamente alla vita economica e sociale della società in cui vivono né d'inserirsi con possibilità di riuscita nel processo d'integrazione economica e sociale e che di conseguenza ai soggetti più svantaggiati, nell'ambito di una politica globale e coerente di sostegno al loro inserimento, va riconosciuto il diritto a risorse sufficienti, stabili e prevedibili;
(7) considerando che il Consiglio ed i ministri degli Affari sociali riuniti in sede di Consiglio il 29 settembre 1989 hanno adottato una risoluzione riguardante la lotta contro l'esclusione sociale (4) in cui si afferma che la lotta all'emarginazione sociale può considerarsi una componente importante della dimensione sociale del mercato interno;
(8) considerando che la Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata dai capi di Stato o di governo di undici Stati membri nel Consiglio europeo di Strasburgo del 9 dicembre 1989, proclama, nell'ottavo considerando e ai punti 10 e 25:
«considerando che (. . .) in uno spirito di solidarietà, si deve combattere l'emarginazione sociale;»
«Secondo le modalità specifiche di ciascun paese:
10. Ogni lavoratore della Comunità europea ha diritto ad una protezione sociale adeguata e deve beneficiare, a prescindere dal regime e dalla dimensione dell'impresa in cui lavora, di prestazioni di sicurezza sociale ad un livello sufficiente.
Le persone escluse dal mercato del lavoro, o perché non hanno potuto accedervi o perché non hanno potuto reinserirvisi, e che sono prive di mezzi di sostentamento devono poter beneficiare di prestazioni e di risorse sufficienti adeguate alla loro situazione personale.»
«25. Ogni persona che ha raggiunto l'età del pensionamento, ma alla quale sia precluso il diritto alla pensione, e che non abbia altri mezzi di sostentamento, deve poter beneficiare di risorse sufficienti e di un assistenza sociale e sanitaria commisurate alle sue specifiche necessità»;
(9) considerando che questo aspetto fondamentale della lotta contro l'emarginazione sociale è stato recepito dalla Commissione nel suo programma d'azione per l'attuazione della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, nell'ambito del quale particolare risalto è attribuito ad un'iniziativa comunitaria rivolta, in spirito di solidarietà, ai cittadini meno favoriti della Comunità, compresi gli anziani, la cui situazione troppo di frequente è equiparabile a quella degli esclusi dal mercato del lavoro;
(10) considerando che l'attuazione di una garanzia di risorse e di prestazioni rientra nell'ambito della protezione sociale e che spetta gli Stati membri qualificare, a questo proposito, la natura giuridica delle disposizioni atte ad assicurare detta garanzia, le quali tuttavia, nella maggior parte degli Stati membri, non fanno parte della sicurezza sociale;
(11) considerando che nell'attuazione progressiva della raccomandazione occorre tener conto della disponibilità di risorse finanziarie, delle priorità nazionali e degli equilibri all'interno dei sistemi nazionali di protezione sociale; che negli Stati membri sussistono disparità di sviluppo per quanto concerne la protezione sociale;
(12) considerando che il Parlamento europeo, nella sua risoluzione concernente la lotta contro la povertà nella Comunità europea (5), ha auspicato l'introduzione in tutti gli Stati membri di un reddito minimo garantito, inteso quale fattore d'inserimento nella società dei cittadini più poveri;
(13) considerando che il Comitato economico e sociale, nel suo parere del 12 luglio 1989 in merito alla povertà (6), ha anch'esso raccomandato l'introduzione di un minimo sociale, concepito ad un tempo come rete di sicurezza per i poveri e strumento del loro reinserimento sociale;
(14) considerando che la presente raccomandazione non pregiudica le disposizioni nazionali e comunitarie in materia di diritto di soggiorno;
(15) considerando che per il conseguimento degli obiettivi della presente raccomandazione il trattato prevede quale strumento d'azione soltanto l'articolo 235,
I. RACCOMANDA AGLI STATI MEMBRI:
A. di riconoscere, nell'ambito d'un dispositivo globale e coerente di lotta all'emarginazione sociale, il diritto fondamentale della persona a risorse e a prestazioni sufficienti per vivere conformemente alla dignità umana e di adeguare di conseguenza, se e per quanto occorra, i propri sistemi di protezione sociale ai principi e agli orientamenti esposti in appresso;
B. di attuare il riconoscimento di tale diritto in base ai criteri generali seguenti:
1. affermazione di un diritto fondato sul rispetto della dignità della persona umana;
2. definizione del campo di applicazione individuale di tale diritto, in considerazione della residenza legale e della nazionalità, conformemente alle disposizioni pertinenti in materia di residenza e/o di soggiorno, con l'obiettivo di comprendere progressivamente nella misura più ampia possibile, secondo le modalità previste dagli Stati membri, tutte le situazioni di emarginazione;
3. possibilità di fruire del diritto per tutti coloro che non dispongono essi stessi, o nell'ambito del nucleo familiare in cui vivono, di risorse sufficienti,
- fatta salva una disponibilità attiva al lavoro o alla formazione professionale finalizzata all'ottenimento di un lavoro per coloro la cui età, salute e situazione familiare permettano una siffatta disponibilità attiva, oppure, se del caso, fatte salve misure di integrazione economica e sociale per le altre persone, e
- fatta salva la facoltà degli Stati membri di non permettere alle persone aventi un'attività a tempo pieno o agli studenti di fruire di questo diritto;
4. accesso al diritto senza limiti di durata, purché il titolare resti in possesso dei requisiti prescritti e nell'intesa che, in concreto, il diritto può essere previsto per periodi limitati, ma rinnovabili;
5. carattere ausiliario di questo diritto rispetto agli altri diritti in materia sociale tenendo presente contemporaneamente la necessità di perseguire il reinserimento delle persone più povere nei sistemi di diritti generali;
6. attuazione, a fianco del diritto in oggetto, delle politiche ritenute necessarie, a livello nazionale, per l'integrazione economica e sociale dei cittadini interessati, quali previste nella risoluzione del Consiglio del 29 settembre 1989, riguardante la lotta contro l'esclusione sociale;
C. di organizzare l'attuazione del diritto in oggetto in base agli orientamenti pratici seguenti:
1. a) fissare, tenendo conto del livello di vita e dei prezzi nello Stato membro interessato e in rapporto a differenti tipi e dimensioni di nuclei familiari, l'entità delle risorse giudicate sufficienti a coprire i bisogni essenziali per il rispetto della dignità umana;
b) adeguare o integrare gli importi per soddisfare bisogni specifici;
c) per la fissazione degli importi, fare riferimento ad indicatori ritenuti appropriati quali, per esempio, la statistica del reddito medio disponibile nello Stato membro, la statistica dei consumi dei nuclei familiari, il salario minimo legale se questo esiste o il livello dei prezzi;
d) garantire un incentivo alla ricerca di un'occupazione per i soggetti in età lavorativa e abili al lavoro;
e) definire modalità di revisione periodica degli importi in oggetto, in rapporto agli indicatori sopra indicati, ai fini di garantire in permanenza la copertura dei bisogni;
2. prevedere per le persone le cui risorse, valutate a livello d'individuo o di nucleo familiare, restano al di sotto dell'importo in tal modo determinato, adeguato o integrato, la concessione di un sostegno finanziario differenziale che consenta loro di disporre effettivamente di tale importo;
3. adottare le disposizioni necessarie affinché, per quanto riguarda l'entità del sostegno monetario così accordato, l'applicazione delle norme in vigore nei settori del fisco, delle obbligazioni civili e della sicurezza sociale tenga conto del livello delle risorse e prestazioni sufficienti richieste per vivere conformemente alla dignità umana;
4. adottare tutte le disposizioni necessarie per offrire ai cittadini interessati una serie di adeguate misure sociali di accompagnamento, quali attività di consulenza, informazione e assistenza per far valere i propri diritti;
5. adottare, per i soggetti in età lavorativa e abili al lavoro, le opportune disposizioni, se necessario anche nel campo della formazione professionale, per aiutarli in modo efficace a integrarsi o reintegrarsi nella vita attiva;
6. adottare le misure necessarie affinché le persone più bisognose siano effettivamente informate del loro diritto;
semplificare al massimo le procedure amministrative e le modalità d'esame delle risorse e delle situazioni che fanno beneficiare di tale diritto;
prevedere, per quanto possibile e conformemente alle disposizioni nazionali, modalità di ricorso presso enti indipendenti, come i tribunali, che siano facilmente accessibili per gli interessati;
D. di prevedere questa garanzia di risorse e prestazioni nell'ambito dei regimi di protezione sociale;
specificarne le modalità, finanziarne i costi ed organizzarne la gestione e l'attuazione in conformità della legislazione e/o delle prassi vigenti in campo nazionale;
E. di attuare le misure previste dalla presente raccomandazione sin d'ora e progressivamente, in modo da poter stabilire un bilancio al termine di cinque anni:
- tenendo conto della disponibilità delle risorse economiche e finanziarie nonché delle priorità stabilite dalle autorità nazionali e degli equilibri interni dei regimi di protezione sociale, e
- modulando, se dal caso, il campo della loro applicazione per fasce d'età o per situazione familiare;
F. di adottare disposizioni idonee:
- per raccogliere informazioni sistematiche sulle modalità effettive di accesso della popolazione interessata alle misure previste e
- per effettuare una valutazione metodica della loro attuazione e dei risultati;
II. E, A QUESTO SCOPO, DÀ MANDATO ALLA COMMISSIONE:
1. di favorire e di organizzare, d'intesa con gli Stati membri, lo scambio sistematico delle informazioni e delle esperienze e la valutazione in continuo delle normative nazionali adottate;
2. di presentare periodicamente al Consiglio, al Parlamento europeo ed al Comitato economico e sociale un rapporto in cui, sulla scorta delle informazioni ricevute dagli Stato membri, sia fatto il punto dei progressi compiuti e degli impedimenti incontrati nell'attuazione della presente raccomandazione.
Fatto a Lussemburgo, addì 24 giugno 1992.
Per il Consiglio
Il presidente
José da SILVA PENEDA
(1) GU n. C 163 del 22. 6. 1991, pag. 3.(2) GU n. C 150 del 15. 6. 1992.(3) GU n. C 14 del 20. 1. 1992, pag. 1.(4) GU n. C 277 del 31. 10. 1989, pag. 1.(5) GU n. C 262 del 10. 10. 1988, pag. 194.(6) GU n. C 221 del 28. 8. 1989, pag. 10.
Dal sito UE di cui al link


Immagine fuori testo  – Chaplin in Tempi moderni

sabato 25 maggio 2013

accade in Germania

Un mio amico che ha lavorato da giovane 18 mesi in Germania, e che ora lavora in Italia ed è vicino alla soglia della pensione,   è rimasto sorpreso della correttezza del sistema pensionistico tedesco. Un funzionario tedesco che si occupa della previdenza lo ha convocato presso l’INPS per dirgli che gli spetteranno € 30,00 di pensione per i 18 mesi di lavoro effettuato in Germania. In pratica per quel poco o tanto lavoro che hai fatto in Germania ti spetta un riconoscimento, per quello che hai fatto in Italia ti spetta solo se hai raggiunto i 15 anni di contributi, altrimenti tutto quello che hai pagato di contributi non è servito a un tubo.
 Se non si cambiano le norme pensionistiche in Italia i più sfortunati delle nuove generazioni si troveranno nelle condizioni di avere subito tutto il danno di essere stati disoccupati, tutto il danno di avere pagato contributi per periodi inferiori a quindici anni,  e niente alla fine.
25/05/13 francesco zaffuto

immagine d’epoca di emigrati in Germania – da internet


venerdì 24 maggio 2013

una laurea per parrucchieri


 Sei già diplomato, ragioniere o assistente sociale, non hai alcuna possibilità di lavoro, allora cerchi di riciclarti, di imparare velocemente un mestiere per inserirti: parrucchiere ad esempio.
 Scopri che per diventare parrucchiere devi frequentare un corso di tre anni e in certi casi di quattro, come per qualsiasi laurea. Scopri anche che devi ritornare a frequentare ore di Diritto ed altre materie che già avevi studiato per diplomarti, scopri che le ore di pratica si risolvono in guardare in un Salone quello che sta facendo un provetto parrucchiere che ospita “benevolmente” i corsisti.  Forse a conclusione dell’ultimo anno del corso ti daranno una forbice ed affronterai una testa umana. Quando alla fine avrai raggiunto la Laurea in parrucchieria forse qualcuno ti assumerà, ma in prova, e sarai ancora un tirocinante.
 Questa situazione si ripete per tanti casi dall’aiuto cuoco al barman, dal vetrinista all’elettricista. Corsi triennali, con grande spreco di fondi europei e regionali e che riescono a risolvere solo il problema economico di chi tiene i corsi.
Non si può speculare sulla disagio di chi cerca un lavoro e sulle famiglie speranzose di trovare una nuova opportunità per i loro figli dopo che hanno già studiato e completato un lungo ciclo di studi.
 In questa realtà sociale, caratterizzata da disoccupazione e grande richiesta di flessibilità,  abbiamo bisogno di corsi di formazione, ma di cosi di formazione brevi e veramente ancorati alla pratica del mestiere che si vuole apprendere;  e accanto ai corsi, immediati sviluppi di contratti di apprendistato di inserimento.

Immagine  fuori testo - "Il Barbiere di Siviglia" da http://info.music.indiana.edu/web/page/normal/15490.html

sabato 18 maggio 2013

Quando a 50 anni si cerca lavoro



Si riporta qui un post inserito sul blog di Beppe Grillo ieri 17/05/13
Il post si apre al dibattito con questa lettera
"52 anni, disoccupato da parecchio, speranza ormai persa, 3 figli in età scolare, cioè minori. Il Centro per l'Impiego, a parte la registrazione di routine, in questi anni non mi ha mai contattato né tanto meno le varie agenzie interinali, anzi quest'ultime forse mi hanno anche eliminato. Non godo di alcun sostegno, ho percepito la disoccupazione per 8 mesi e poi nulla. Se il mio Comune assume qualcuno in difficoltà lo fa per lavori LSU e solo per quelli che già godono della mobilità o della cassa integrazione. Assurdo. In questo caos dove i cinquantenni non sono considerati, si parla solo di giovani o di cassa integrazione, l'unico rimedio è il reddito di cittadinanza e la riforma dei Centri per l' Impiego." Gaetano Russo
Questa lettera è stata qui riportata  perché viene condivisa da questo blog che si è fatto promotore della Bozza di legge su Liste di Collocamento e reddito minimo che si può leggere sul post   INVIATA - LA LEGGERANNO????????????

immagine fuori testo - un atleta nel momento del salto con l'asta

venerdì 17 maggio 2013

Cortesia ed attenzione istituzionale sono un altro fiore nella notte



Riguardo alla  Bozza di proposta di legge su Liste di Collocamento e Welfare ho ricevuto  questa comunicazione via mail da parte de
La Segreteria della Presidente della Camera dei deputati
La incollo qui per informazione a tutti coloro che hanno condiviso la Bozza di proposta

Rif: COPIA DELLA LETTERA INVIATA AL MINISTRO DEL LAVORO E DELLA BOZZA DI UNA PROPOSTA DI LEGGE SULLE LISTE DI COLLOCAMENTO E WELFARE rif: 5004

La Presidente Laura Boldrini 
La Presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, ha ricevuto la sua
e-mail e ne ha preso visione.
Al riguardo, desideriamo comunicarle che la Presidente ha disposto che
copia
della sua e-mail sia trasmessa alla Commissione parlamentare competente,
affinché i deputati che ne fanno parte possano prenderne visione ed
assumere le
iniziative che riterranno appropriate.
Con i migliori saluti.

La Segreteria della Presidente della Camera dei deputati


La proposta aveva già avuto l’attenzione  dei deputati del Movimento 5 stelle e si era data comunicazione in questo blog al post
La Bozza di proposta e la lettera di accompagnamento inviata al Ministro del lavoro Giovannini sono leggibili sul post

giovedì 16 maggio 2013

Un disoccupato è sempre giovane



L’ipotesi fatta dal ministro Giovannini di operare una staffetta con i giovani mettendo i vecchi  in part time  negli ultimi cinque anni è un’ipotesi utile per creare un po’ di lavoro ma cela una ingiustizia di fondo.
Tenere i vecchi in fabbrica fino a 67 anni,  grava in termini di occupazione e grava sulle stesse aziende che con il blocco del turn over non possono rinnovare la mano d’opera; in qualche modo sono le stesse aziende che chiedono qualche provvedimento per sboccare la situazione.
 Una spinta verso la scelta del part-time, con un aiuto dello Stato per colmare la spesa contributiva per gli ultimi cinque anni che precedono la pensione e fare entrare giovani leve, può essere una buona scelta.  Va incontro alle esigenze delle aziende, va incontro alla creazione di posti di lavoro a tempo indeterminato per i giovani, va incontro ad una formazione sul campo, e va incontro a un qualche effetto positivo sulla domanda di beni;  giovani con un lavoro a tempo indeterminato  creano nuova domanda di beni per nuove per famiglie che si possono formare e libera da forzati risparmi le famiglie che mantengono giovani disoccupati.
L’ipotesi di Giovannini di staffetta potrebbe avere dei forti effetti benefici se la collocazione in part-time avesse un carattere obbligatorio e se fosse estesa a tutti i settori compreso lo stesso pubblico impiego. Ma la limitata applicazione e il carattere di scelta facoltativa la ridurranno a un misero pannicello caldo per il malato e forse produrrà anche meno dei centomila posti previsti dal ministro. Comunque con l’aria che tira di crisi anche un pannicello caldo può essere utile.
 Ma qual è l’aspetto ingiusto? Si lascerà come al solito alle aziende la massima libertà di scegliere sulle assunzioni, visto che nel nostro paese non esiste nessuna Lista di attesa per chi sta in disoccupazione. Quei tanti giovani che all’inizio della crisi (diciamo 2009/2010) avevano 32/33 anni ora per le aziende sono vecchi. Le aziende preferiranno assumere vent’enni  più duttili nei percorsi formativi e sfruttabile per un più lungo periodo.
 Chi è in stato di disoccupazione da tempo rischia di essere considerato vecchio e totalmente escluso dai circuiti di lavoro, tutto il prezzo della crisi ricade su chi ha già subito la crisi.  La stessa proposta del Ministro Giovannini con la presenza di Liste di collocamento pubbliche d’attesa diventerebbe  più umana e meno ingiusta. Chi aspetta un lavoro è sempre un giovane disperato anche se va verso i 40 anni.
 Qui la lettera e la proposta che è stata inviata al Ministro Giovannini via mai il 7 Maggio e+ Raccomandata R.R. l’otto maggio INVIATA - LA LEGGERANNO???????????? e che attende una sua risposta che forse non arriverà mai.
16/05/13 francesco zaffuto
Immagine – scena finale del film Tempi moderni

lunedì 13 maggio 2013

Cerca lavoro alle Poste con internet


Passi  da job rapido

http://it.jobrapido.com/?w=offerte+poste&l=&r=&utm_source=jobalert&utm_medium=email&utm_campaign=ADWORDS_IT_JOB_SEARCH&mid=2013051308121100004

trovi che cercano postini a Napoli (n. 6)

apri l’altro link

http://napoli.bakeca.it/management-direzione-quadri/operatori-posta-leggi-lannuncio-4ujm60881587

Ecco l’annuncio in bacheca

 

operatori posta

Contratto:
tempo determinato
Disponibilità:
full time
Comune:
Napoli
Poste Italiane ricerca nelle filiali di Napoli 6 figure ambosessi per i ruoli di:
Sportellista;
Portalettere,
Si richiede massima serietà, diploma di maturità, anche alla prima esperienza.
Si offre stipendio fisso con un minimo di 1000 ad un massimo di 1400 euro, e contratto a tempo determinato con possibilità di rinnovo. 
Si ricorda di inviare cv sull’e-mail napoli.posta@libero.it

 

POSSIBILE CHE L’ATTIVITA’ DI POSTINO DEBBA CONSIDERARSI A TEMPO DETERMINATO, COME SE LA POSTA SEGUISSE EVENTI STAGIONALI?

POSSIBILE CHE NON SI TROVANO 6 POSTINI  PROVVISORI A NAPOLI E LA POSTA CHIEDE I CURRUCULI AI DISOCCUPATI DI TUTTA L’ITALIA?

 

Perché le Poste di Napoli (visto che non trattasi di posto a concorso) non si rivolgono  al Centro per l’impiego di Napoli, e assumono con celerità chi sta in attesa da tempo???

Poi vai a vedere i criteri di assunzione di Poste Italiane

http://ctd-poste.blogspot.com/2010/07/le-assunzioni-poste-italiane-senza.html

e ci capisci ancora di meno

Ma quell’annuncio è vero o non è vero?

Sono veramente le Poste italiane?

Se è vero perché lo fanno?

E se non è vero perché lo fanno?

Annunci così spiegano perché poi esiste il fenomeno degli scoraggiati, stanchi di cercare lavoro.

Dopo avere inviato mille curriculi ad enti e ditte invisibili, poi molli.

QUANDO FINIRA’ QUESTA SCONCEZZA!?

SONO NECESSARI CENTRI D’IMPIEGO VERAMENTE FUNZIONANTI E OBBLIGHI  DATI A ENTI E AD AZIENDE DI SERVIRSENE

domenica 12 maggio 2013

DIFFICILE SENZA LISTE DI COLLOCAMENTO OBBLIGATORIE


 In questo post viene inserita la Proposta di Legge di Iniziativa Popolare  sul Reddito minimo garantito presentata già in Parlamento a metà aprile e corredata delle necessarie firme previste per la presentazione.
 In coda viene di nuovo riportata  la Bozza su Liste di Collocamento e Welfare che questo blog sta facendo circolare e che è stata inviata a 640 parlamentari. 
 Qui non si vogliono fare confronti tra un meglio e un peggio, visto che ambedue le proposte vanno nella direzione di tutelare disoccupati e strati di popolazione che vivono in grave disagio, si vogliono  solo sottolineare  alcune difficoltà strutturali. Per questo motivo si sono evidenziate in rosso gli aspetti differenti delle due proposte.
  Si riassumono alcune differenze principali:
  se i Centri di impiego continuano ad avere le stesse caratteristiche che hanno oggi non saranno  in grado di centralizzare tutta la domanda e l’offerta di lavoro e quindi non saranno in grado di offrire proposte d’impiego  a chi usufruirà del Reddito minimo garantito;
  se le ditte private non avranno alcun obbligo di servirsi  delle Liste pubbliche di collocamento i tempi di attesa di un aspirante al lavoro resteranno pesantissimi, con aggravio dei costi per lo Stato e con poco beneficio della condizione esistenziale dei lavoratori in attesa;
 se i benefici fiscali alle aziende che assumono non vanno in direzione di un obbligo (percentuale) per le aziende stesse  a servirsi delle Liste pubbliche di collocamento non si avvia una concreta collaborazione tra pubblico e privato in materia di collocamento, e non si riuscirà a contrastare lavoro nero ed evasione;
 se Comuni ed altri enti pubblici non si faranno promotori di creare lavoro in ambito territoriale per lavori socialmente utili e rivolti alla bonifica ecologica,  la spinta a creare lavoro sarà estremamente limitata e poggerà esclusivamente sulla presunzione che la diminuzione fiscale possa da sola produrla.  
 Rinviare a successivi atti del Governo la materia delle Liste di collocamento senza dare indicazioni, come fa il punto 4 dell’art. 1 della Proposta di legge  lascia un pericoloso vuoto strutturale.
 Infine,  prevedere una ricaduta solo sulla fiscalità generale degli oneri derivanti dal Reddito minimo garantito come fa la Proposta di Legge  può non trovare la necessaria solidarietà sociale che si sta cercando. Valutare invece, come fa la Bozza,  il reperimento delle risorse da tagli a super stipendi e pensioni di Stato e ad  un tributo di scopo con vincolo di destinazione e alla fonte può meglio richiamare verso la solidarietà;  ma questa  ipotesi  non deve essere una scusa per rinviare l’urgenza del provvedimento, altrimenti è meglio optare per la fiscalità generale indicata dalla Proposta di legge.
 La cosa migliore sarebbe dibattere e integrare con cura le due proposte, ed anche con urgenza; ma è un compito che grava sui parlamentari. Se poi sarà data, come al solito,  la precedenza alle proposte del Governo assisteremo alla solita commedia che rivela il poco peso del Parlamento in materia di urgenze e quanto pesa essere fuori dal Governo.

Proposta di legge di iniziativa popolare per l’istituzione del Reddito Minimo Garantito
Art. 1.
(Istituzione del reddito minimo garantito)
1. Al fine di dare attuazione al diritto fondamentale sancito dall’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e ai principi di cui agli articoli 2, 3, 4 e 38 della Costituzione è istituito il reddito minimo garantito.
2. Il reddito minimo garantito ha lo scopo di contrastare la marginalità, garantire la dignità della persona e favorire la cittadinanza, attraverso l’inclusione sociale  per gli inoccupati, i disoccupati e i lavoratori precariamente occupati, quale misura di contrasto alla disuguaglianza e all’esclusione sociale nonché quale strumento di rafforzamento delle politiche finalizzate al sostegno economico, all’inserimento sociale dei soggetti maggiormente esposti al rischio di marginalità nella società e nel mercato del lavoro.
3. Le prestazioni del reddito minimo garantito costituiscono livelli essenziali concernenti i diritti sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, ai sensi dell’art. 117, comma 2, lettera m) della Costituzione.
4. Entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge è emanato un regolamento d’attuazione ai sensi dell’art. 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Art. 2.
(Definizioni)
1. Ai fini di cui alla presente legge si intende per:
a) «reddito minimo garantito»: quell’insieme di forme reddituali dirette ed indirette che mirano ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa; le forme reddituali dirette consistono nell’erogazione di somme di denaro, quelle indirette nell’erogazione di beni e servizi in forma gratuita o agevolata da parte di Stato, Enti territoriali, enti pubblici e privati convenzionati;
b) «centri per l’impiego»: le strutture previste dal decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469;
c) «nucleo familiare»: l’insieme delle persone che dividono una medesima abitazione che, indipendentemente dalla composizione anagrafica, formano una relazione di coniugio o del tipo genitore-figlio;
d) «lavoratori autonomi»: i lavoratori che prestano attività lavorativa senza vincoli di subordinazione e che sono titolari di partita IVA;
e) «lavoratori a tempo parziale»: i lavoratori che prestano attività di lavoro subordinato con un orario di lavoro inferiore a quello normale individuato all’articolo  13,  comma  1,  della  legge  24 giugno 1997, n. 196, e successive  modificazioni, o l’eventuale minor orario normale fissato dai contratti collettivi.
Art. 3.
(Reddito minimo garantito)
1. Il reddito minimo garantito, quanto alla forma reddituale diretta, consiste nella erogazione di un beneficio individuale in denaro pari a 7200 euro l’anno, da corrispondere in importi mensili di 600 euro ciascuno, rivalutate annualmente sulla base degli indici sul costo della vita elaborati dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT).
2. La persona ammessa a beneficiare del reddito minimo garantito riceve altresì un contributo parziale o integrale per fronteggiare le spese impreviste, secondo i criteri e le modalità stabilite dal regolamento d’attuazione di cui all’articolo 1, comma 4.
3. Le somme di cui al comma 1 sono ricalcolate secondo i coefficienti di cui all’allegato A, in ragione del numero dei componenti del nucleo familiare a carico del beneficiario.
4. L’erogazione in denaro del reddito minimo garantito, per ogni nucleo familiare, è pari alla somma di cui al comma 1, maggiorata secondo i coefficienti di cui all’allegato A. Il regolamento d’attuazione di cui all’articolo 1, comma 4 disciplina le modalità di erogazione in presenza di minorenni o di più aventi diritto all’interno del nucleo familiare, assicurando il principio di pari trattamento tra i coniugi e tra tutti gli aventi diritto.
5. Le prestazioni di cui al comma 1 non sono cumulabili dai soggetti beneficiari con altri trattamenti di sostegno al reddito di natura previdenziale, ivi compresi i trattamenti di cassa integrazione, nonché con gli altri trattamenti assistenziali erogati dallo Stato indicati dell’elenco di cui all’allegato B.
6. Le prestazioni previste dal comma 1 sono personali e non sono cedibili né trasmissibili a terzi.
7. Le funzioni amministrative di cui alla presente legge, tenuto conto dei criteri di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, sono attribuite ai centri per l’impiego. La domanda di reddito minimo garantito va presentata al centro per l’impiego del luogo di residenza del richiedente. Il centro per l’impiego acquisisce la documentazione necessaria e provvede nel termine di dieci giorni. In caso di mancata risposta la domanda si intende accolta, fatta salva la facoltà di revoca del beneficio in caso di adozione tardiva del provvedimento di reiezione della domanda. Il regolamento d’attuazione di cui all’articolo 1, comma 4 disciplina le modalità di presentazione, anche telematica, delle domande e stabilisce gli ulteriori compiti dei centri per l’impiego.
Art. 4.
(Soggetti beneficiari e requisiti)
1. Sono beneficiari del reddito minimo garantito coloro che, al momento della presentazione dell’istanza per l’accesso alle prestazioni di cui all’articolo 3, siano in possesso dei seguenti requisiti:
a) residenza sul territorio nazionale da almeno ventiquattro mesi;
b) iscrizione alle liste di collocamento dei centri per l’impiego, salvo che si tratti di lavoratori autonomi, di lavoratori a tempo parziale, oppure di lavoratori che hanno subito la sospensione della retribuzione nei casi di aspettativa non retribuita per gravi e documentate ragioni familiari ai sensi dell’articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53;
c) reddito personale imponibile non superiore ad 8 mila euro nell’anno precedente alla presentazione dell’istanza ;
d) reddito del nucleo familiare in cui il soggetto richiedente è inserito non superiore all’ammontare stabilito dal regolamento d’attuazione di cui all’articolo 1, comma 4. Il regolamento opera un ragionevole bilanciamento tra il carattere individuale dell’attribuzione e criteri di equità e solidarietà sociale;
e) non aver maturato i requisiti per il trattamento pensionistico;
f) non essere in possesso a livello individuale di un patrimonio mobiliare o immobiliare superiore a quanto stabilito dal regolamento di attuazione di cui all’articolo 1, comma 4. Il regolamento assicura che nella determinazione della soglia patrimoniale oltre la quale si perde il diritto al reddito minimo garantito non si tenga conto della titolarità della casa di prima abitazione, né degli altri beni mobili e immobili necessari alla soddisfazione dei bisogni primari della persona, come indicati dall’art. 5, comma 2.
Art. 5.
(Compiti delle regioni e degli enti locali)
1. In sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, sono definite, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le linee guida per il riconoscimento e l’erogazione di prestazioni di reddito minimo garantito nelle forme dirette e indirette, ulteriori e aggiuntive rispetto a quanto previsto dall’art. 3.
2. Le linee di guida di cui al comma 1 stabiliscono le modalità con cui:
a) garantire la circolazione gratuita, previo accordo con gli enti e con i soggetti privati interessati, sulle linee di trasporto pubblico locale e regionale su gomma, rotaia e metropolitane;
b) favorire la fruizione di attività e servizi di carattere culturale, ricreativo o sportivo;
c) contribuire al pagamento delle forniture di pubblici servizi;
d) garantire la gratuità dei libri di testo scolastici;
e) erogare contributi per ridurre l’incidenza del costo dell’affitto sul reddito percepito nei confronti dei soggetti beneficiari di cui all’articolo 4, titolari di contratto di locazione;
f) garantire la gratuità delle prestazioni sanitarie;
g) erogare somme in denaro aggiuntive rispetto a quelle di cui all’articolo 3, tenuto conto delle particolari esigenze di protezione e sostegno nei differenti contesti territoriali.
3. Le regioni che intendono partecipare al raggiungimento degli obiettivi definiti nelle linee guida di cui al comma 1, di concerto con i comuni e gli enti locali, stabiliscono un piano d’azione annuale e un piano d’azione triennale, nel quale definiscono la platea dei beneficiari e il contenuto dei diritti da garantire che eccedono i livelli essenziali di cui all’articolo 3.
Art. 6
(Durata del beneficio e obblighi del beneficiario)
1. Il provvedimento di concessione del reddito minimo garantito ha una durata di dodici mesi. Alla scadenza del periodo indicato il beneficiario che intenda continuare a percepire il reddito minimo garantito è tenuto a ripresentare la domanda al centro per l’impiego competente con le modalità stabilite dal regolamento d’attuazione di cui all’articolo 1, comma 4.
2. Il beneficiario è tenuto a comunicare tempestivamente al centro per l’impiego, con le modalità stabilite dal regolamento d’attuazione di cui all’articolo 1, comma 4, ogni variazione della propria situazione reddituale, lavorativa, familiare o patrimoniale rilevante ai fini dell’erogazione del reddito minimo garantito.
Art. 7
(Sospensione, esclusione e decadenza dalle prestazioni)
1. Nel caso in cui uno dei beneficiari di cui all’articolo 4, comma 1, all’atto della presentazione dell’istanza o nelle successive sue integrazioni, dichiari il falso in ordine anche ad uno solo dei requisiti previsti, l’erogazione delle prestazioni di cui all’articolo 3 è sospesa e il beneficiario medesimo è tenuto alla restituzione di quanto indebitamente percepito ed è escluso dalla possibilità di richiedere l’erogazione di tali prestazioni, pur ricorrendone i presupposti, per un periodo doppio di quello nel quale ne abbia indebitamente beneficiato.
2. Il beneficiario decade dal reddito minimo garantito al compimento dell’età di 65 anni ovvero al raggiungimento dell’età pensionabile.
3. La decadenza dalle prestazioni di cui all’articolo 3 opera nel caso in cui il beneficiario venga assunto con un contratto di lavoro subordinato o parasubordinato, ovvero nel caso in cui lo stesso svolga un’attività lavorativa di natura autonoma, ed in tutti i casi, qualora percepisca un reddito imponibile superiore alla soglia di cui all’articolo 4, comma 1, lettera c).
4. La decadenza opera altresì nel caso in cui il beneficiario rifiuti una proposta di impiego offerta dal centro per l’impiego territorialmente competente.
5. Non opera la decadenza di cui al comma 4 nella ipotesi di non congruità della proposta di impiego, ove la stessa non tenga conto del salario precedentemente percepito dal soggetto interessato, della professionalità acquisita, della formazione ricevuta e del riconoscimento delle competenze formali e informali in suo possesso certificate dal centro per l’impiego territorialmente competente attraverso l’erogazione di un bilancio di competenze.
6. In caso di rifiuto, di sospensione o di decadenza dalle prestazioni di cui all’articolo 3 i centri per l’impiego rendono un provvedimento motivato da notificare all’interessato. Tutte le controversie relative alla presente legge sono esenti da spese.
Art. 8
(Oneri derivanti dal reddito minimo garantito)
1. Il reddito minimo garantito è erogato dall’INPS a seguito di comunicazione del centro per l’impiego competente.
2. A tal fine sono trasferite dal bilancio dello Stato all’INPS le somme necessarie, con conguaglio, alla fine di ogni esercizio, sulla base di specifica rendicontazione.
3. Per il finanziamento del reddito minimo garantito di cui all’articolo 3 è istituito un Fondo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in cui confluiscono dotazioni provenienti dalla fiscalità generale.
Art. 9
(Delega al Governo in materia di riordino della spesa assistenziale)
1. Il Governo è delegato, entro il termine di novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, a riordinare la disciplina delle prestazioni assistenziali erogate dallo Stato di cui all’allegato B, in modo da renderle coerenti con l’istituzione del reddito minimo garantito prevista nella presente legge.
Art. 10
(Delega al Governo in materia di ammortizzatori sociali)
1. Il Governo è delegato, entro il termine di novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, a riformare la disciplina degli ammortizzatori sociali, in modo tale da introdurre un sussidio unico di disoccupazione, esteso a tutte le categorie di lavoratori in stato di disoccupazione, indipendentemente dalla tipologia contrattuale di provenienza e dall’anzianità contributiva e assicurativa.
Art. 11
(Delega al Governo in materia di istituzione del salario minimo garantito)
1. Il Governo è delegato, entro il termine di novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, a stabilire le modalità di determinazione del compenso orario minimo applicabile a tutti i rapporti aventi ad oggetto una prestazione lavorativa, inclusi quelli di natura parasubordinata e quelli con contenuto formativo.
2. Il salario base dei lavoratori dipendenti e parasubordinati non può essere determinato in misura tale che il reddito del lavoratore risulti inferiore a quello che risulterebbe dall’applicazione del compenso orario minimo di cui al comma 1.
ALLEGATO A – Coefficienti di maggiorazione dl reddito minimo garantito in ragione del numero di familiari a carico.
Numero di componenti
Coefficiente
Beneficio erogato
1
1
600
2
1,66
1000
3
2,22
1330
4
2,72
1630
5
3,16
1900

ALLEGATO B – Prestazioni assistenziali erogate dallo Stato oggetto di riordino.
Denominazione della misura
Riferimento legislativo
Assegno sociale
Legge 335/95
Pensione sociale
Art. 26, legge 153/69
Assegno ai nuclei familiari numerosi
Art. 65 legge 488/1998
Assegno di maternità di base
Art. 74 del D.Lgs. 151/2001
Pensione di inabilità
Legge 118/1971
Indennità di frequenza
Legge 118/1971
Assegno di invalidità
Legge 118/1971
Pensione per i ciechi
Legge 66/1962
Pensione ai sordi
Legge 381/1971
Social card minori
Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito con modificazioni nella legge 133/2008
Social card anziani
Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito con modificazioni nella legge 133/2008

La Bozza di proposta su liste di collocamento e welfare che sta facendo circolare questo blog - come da http://creapaneelavoro.blogspot.it/2013/05/inviata-la-leggeranno.html

Disponibilità al lavoro, collocamento e welfare
1
Ai fini dell’applicazione degli articoli 1, 4 e 38 della Costituzione italiana sono istituiti presso i Centri di impiego regionali le Liste di Collocamento al Lavoro con carattere obbligatorio e pubblico.
2
Ogni cittadino in condizione di disoccupazione e che cerca con urgenza un’occupazione può chiedere l’iscrizione alle Liste di Collocamento e sarà iscritto in base alle proprie capacità e formazione a diverse tipologie di mansioni, oltre a una di generica iscrizione di disponibilità a lavori di pubblica utilità predisposti dal Comune di appartenenza e comuni viciniori. Sono da considerare cittadini in stato di disoccupazione: tutti coloro che hanno perso un precedente lavoro a tempo indeterminato, determinato, a progetto e di qualsiasi altra forma; tutti i cittadini che cercano il lavoro come prima collocazione; tutti i cittadini che hanno chiuso una partita IVA per l’impossibilità di esercitare un lavoro autonomo.
3
Tutte le ditte private che assumono personale sono obbligate a farlo tramite le liste di collocamento pubbliche per almeno il 70% delle assunzioni, sia per le assunzioni a tempo indeterminato e sia per le assunzioni a tempo determinato. Tutti gli organismi pubblici sono obbligati ad assumere tramite dette liste per il 100% delle assunzioni a tempo indeterminato e determinato, tranne per i posti soggetti a concorso pubblico. Le percentuali indicate sono comprensive delle quote previste per le categorie protette.
4
 Solo le ditte che dimostrano di assumere per il 70% tramite le Liste di Collocamento pubbliche potranno godere di incentivi per l’occupazione e potranno detrarre gli emolumenti corrisposti ai lavoratori dalla base imponibile IRAP.
5
Le assunzione avverranno sulla base delle seguenti priorità: carichi di famiglia e precedenza per maggior tempo di attesa in collocamento.
6
 Durante il tempo di attesa verrà riconosciuta una indennità di disponibilità al lavoro di 20 euro al giorno a carico dello Stato  esente da ogni tassazione e tributo. Ai fini previdenziali e pensionistici i periodi di permanenza di iscrizione alle liste di collocamento sono riconosciuti come lavoro effettivo.
7
 Il Centro di impiego comunicherà al lavoratore in disponibilità il primo lavoro disponibile e il lavoratore sarà obbligato a prendere servizio. La mancata presa di servizio viene a comportare la cancellazione dalle liste per mesi tre e la sospensione dell’indennità per lo stesso periodo.
8
 Durante il periodo di permanenza in disponibilità i Comuni possono utilizzare gli iscritti alle liste per lavori socialmente utili. In tal caso i comuni provvederanno a pagare al lavoratore altri 20 euro per l’effettiva utilizzazione giornaliera.
9
 Ai fini del finanziamento di questi dispositivi vengono sospese tutte le pensioni superiori a 5.000 euro netti mensili e tutti gli emolumenti pubblici del personale in attività  non potranno  superare il doppio di tale riferimento;  in caso di mancata capienza finanziaria si farà riferimento ad un tributo di scopo con carattere solidale,  proporzionale e progressivo,  e con vincolo di destinazione al solo finanziamento degli oneri derivanti da questi dispositivi.