Siamo di fronte ad una cosiddetta evoluzione del pensiero
giuridico in materia di lavoro.
La Corte di Cassazione, con la sentenza
n. 25201
depositata il 7 dicembre 2016 (segnalata dal quotidiano ItaliaOggi), scrive una
nuova pagina nel campo del diritto del lavoro e destinata a fare giurisprudenza. La Cassazione è intervenuta sul caso di un
dipendente messo alla porta dall'azienda dove lavorava, dopo due sentenze tra
di loro in contrasto. Il giudice di primo grado aveva stabilito che il
licenziamento era legittimo in quanto "effettivamente motivato
dall'esigenza tecnica di rendere più snella la catena di comando e quindi la
gestione aziendale". Giudizio ribaltato in appello , dove il giudice aveva
ritenuto illegittimo il provvedimento in quanto non era stato motivato dalla
necessità economica e dalla presenza di eventi sfavorevoli, ma essendo stato
"motivato soltanto dalla riduzione dei costi e quindi dal mero incremento
del profitto".
Appellandosi anche all'articolo 41 della
Costituzione che prevede la libera iniziativa economica dei privati, citando le
direttive comunitarie sul tema, ma anche riferendosi a decisioni del passato,
la Cassazione ha ritenuto che non sia necessario essere in presenza
necessariamente di una crisi aziendale, una calo di fatturato o bilanci in
rosso per procedere a un licenziamento. Il provvedimento può essere così
giustificato anche per migliorare l'efficienza di impresa o per la soppressione
di una posizione o anche per adeguarsi alle nuove tecnologie. In poche parole,
se l'attività dei privata è libera, deve esserlo anche la possibilità di
organizzarla al meglio.
Potrebbe bastare ad un’azienda
che vuole licenziare attaccare copia di questa sentenza sul portone,
aggiungendo pure una frase del tipo: con
questa sentenza abbiamo licenziato un manager figuratevi voi che non avete neanche
i soldi per pagarvi un avvocato.
Nella Costituzione è
vero che esiste l’articolo 41 ma dice qualcosa in più rispetto a una generica
possibilità di licenziare.
Art. 41.
L’iniziativa economica privata e` libera.
Non puo`
svolgersi in contrasto con l’utilita` sociale o in modo da recare danno alla
sicurezza, alla liberta`, alla dignita` umana.
La legge
determina i programmi e i controlli opportuni perche´ l’attivita` economica
pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.
Nella Costituzione è
vero altresì che esiste un articolo 38 che è ancora disatteso dallo Stato nella
parte che riguarda la disoccupazione involontaria
Art. 38.
Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha
diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.
I
lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle
loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidita` e vecchiaia,
disoccupazione involontaria.
Gli inabili
ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale.
Ai compiti
previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o
integrati dallo Stato. L’assistenza privata e` libera.
Se vogliamo andare verso una collettività dove
le aziende sono completamente libere di licenziare (questo pare dire l’evoluzione
del pensiero di questa società capitalista) occorre accettarne tutte le
conseguenze ed arrivare ad una forma assicurativa obbligatoria pubblica della
cosiddetta disoccupazione involontaria; per tutti, dal lavoratore licenziato al
lavoratore che non ha ancora trovato un primo lavoro. Lo volete chiamare
reddito di cittadinanza o in altro modo!? Chiamatelo come volete e fate
contribuire tutti a questa assicurazione obbligatoria per la dignità, anche gli
stipendi dei giudici della Corte di Cassazione.
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