Ecco la Lettera inviata da Francesco Zaffuto, sulla questione Reddito di cittadinanza, al Ministro del Lavoro Luigi Di Maio - via mail e tramite sito internet sezione contatti. Verrà successivamente inviata Lunedì 15/10/2018 via posta - raccomandata.
Al Ministro del Lavoro Luigi Di Maio
Oggetto: Un contributo sul Reddito di cittadinanza
Mi scuso per la lunghezza che purtroppo è
necessaria, data l’importanza dell’argomento.
Inviai
la bozza anche al ministro
Giovannini; e dopo la nascita del
governo Renzi, al ministro Poletti.
Ebbene
oggi, faticosamente arrivato al 2018 e 70 anni di età, e avendo votato per i
5stelle per la centralità nel programma del Reddito di cittadinanza, mi sembra
doveroso inviarLe questa nota.
Mi scuserà se fra qualche giorno la riceverà
anche per Raccomandata, non è per mancanza di fiducia sul ricevimento
di questa mail, ma per seguire la stessa procedura di cortesia che
ho usato con i Ministri precedenti.
Vengo al dunque.
Ci sono tre possibilità di affrontare in
dottrina, in Italia, il Reddito di
cittadinanza:
quella che avevo cercato di esporre in quella
bozza che si basava su un effettivo funzionamento dei Centri per l’impiego
capaci di gestire Liste di Collocamento
con aspetti di obbligatorietà in toto o in parte;
e quella della proposta dei 5stelle del 2013, che
cerca di contemplare un reddito di cittadinanza generalizzato con l’esistenza
di Centri per l’impiego efficienti.
Scartata
la seconda ipotesi di Reddito di base incondizionato, non perché sia sbagliata,
ma perché ci vuole un coraggio da leoni per affrontarla, e non l’hanno avuto
gli stessi svizzeri che in quanto a welfare e denaro a disposizione stanno
molto meglio di noi; rimangono le altre due . E poiché la prima, che è la
mia, non fa dottrina mi concentro su
quella dei 5stelle.
Prima questione: i
Centri per l’impiego, possono essere resi più efficienti e collegati con sistemi
informatici, un posto di lavoro in provincia di Biella di aiuto cuoco potrà
essere sottoposto ad un aspirante aiuto cuoco di Canicattì. Diventa però essenziale capire quale obbligo
può derivare alle aziende per effettuare
l’offerta di lavoro al Centro pubblico per l’impiego e quale obbligo può
derivare alle aziende di assumere tramite l’ordine di una Lista di collocamento
del Centro Pubblico.
Attualmente il datore di lavoro, che deve
assumere, prova in prima istanza tra le
sue conoscenze parentali ed amicali, poi comincia a rivolgersi ad una Agenzia
Privata di collocamento, e solo alla fine ricorre ad un Centro pubblico per
l’impiego. Aggiungiamo, inoltre, che non
ha alcun obbligo di assumere la persona che viene segnalata dal Centro per
l’impiego perché la facoltà di assunzione è riservata all’azienda stessa, visto
che le leggi di assunzione obbligata del
dopoguerra sono state tutte abrogate.
Non
dando alcun obbligo alle aziende di ricorrere ai Centri per l’impiego per
l’offerta di lavoro e non dando nessuna percentuale obbligatoria di rispetto
delle Liste di collocamento, si può ipotizzare che il disoccupato iscritto al
Centro non venga a ricevere offerte di lavoro o pochissime e con estreme
difficoltà di assunzione. Certo, per continuare a percepire l’assegno del
Reddito di cittadinanza dovrà dimostrare che sta cercando lavoro anche in
proprio, e starà soggetto a controlli, ad obblighi di formazione, a
disponibilità presso i Comuni per servizi; ma rischia di stare in quella
deprimente situazione per anni, con gravi effetti psicologici, e si sentirà
anche accusato di essere un mangiapane a tradimento.
Il
Vostro progetto di Reddito di cittadinanza, mi pare che, non preveda l’obbligo di assunzione per le aziende tramite le Liste dei Centri di
collocamento; forse perché una tale misura
contrasta con l’attuale visione delle aziende che non vogliono rinunciare
alla potestà di decidere. Quindi i nuovi Centri per l’impiego, anche se meglio efficienti, resteranno monchi
per autorevolezza. Fare un confronto con
Centri per l’impiego tedeschi, può essere utile, ma non basta, perché occorre fare i conti la nostra
mentalità che prevede la raccomandazione
amicale e il “mi dice la testa”.
Quindi
una qualche norma sarebbe necessaria per
dare una funzione autorevole alle
Liste di collocamento dei nuovi Centri per l’impiego: magari in
percentuale, oppure riservandola alle grandi aziende, oppure riservandola a
lavori che non necessitano di una eccessiva specializzazione. Si può anche
percorrere la strada di dare un qualche beneficio alle aziende che intenderanno
optare per le assunzioni fatte attraverso l’ordine di priorità dato dai Centri pubblici per l’impiego. Qualcosa in
questa direzione va fatto, in modo che Liste di collocamento vengano ad avere
una priorità di collocamento per le persone che hanno carichi di famiglia e per
le persone che stanno in condizione di disoccupazione da più tempo.
Una seconda questione: è quella di creare una necessaria duttilità
nelle Liste di collocamento dei Centri per l’impiego, che tenga conto dei titoli di studio e della
formazione già conseguiti dal lavoratore. Il lavoratore dovrebbe essere posto nella
condizione di iscriversi su almeno due tipologie di Liste di
collocamento: una tipologia, che si può
chiamare A, che corrisponde a mansioni congruenti con i titoli di studio più elevati
già conseguiti; ed una tipologia B che corrisponda a mansioni più ordinarie (o
meno elevate), ma più agevoli per trovare
lavoro. Se il lavoratore troverà lavoro
tramite i Centri per l’impiego nella
tipologia B, e prende lavoro, non dovrà essere cancellato dalle Liste d’attesa
di collocamento per la tipologia A; e qualora si dovesse presentare una
successiva possibilità di lavoro nella tipologia A, avrà il diritto di cambiare
lavoro per optare per la tipologia più elevata.
Una terza questione: è quella di non scoraggiare coloro che
vogliono mettersi a lavorare in proprio. L’esistenza di cittadini giovani e
meno giovani che vogliono provare a costruire un lavoro in proprio è fonte di
grande ricchezza per il paese ed è fonte possibile di nascita di nuovo lavoro e
nuovo reddito. Se diventa prevalente il beneficio di starsene ad aspettare un
lavoro subordinato, diventa anche difficile che qualcuno scelga di
rinunciare a un Reddito di cittadinanza
sicuro per sopportare tutto il rischio
di costruire un lavoro in proprio. La misura del Reddito di cittadinanza
dovrebbe decollare insieme ad una serie di misure che spingono a costruire un lavoro
in proprio. E possono essere le più varie. Anche i centri per l’impiego
dovrebbero avere una sezione di consulenza per spingere il lavoratore verso la
costruzione di un lavoro in proprio. Il Reddito di cittadinanza in tal caso
sarebbe funzionale ad assistere
l’impresa del cittadino in fase di decollo, e si dovrà chiedere al cittadino la
massima trasparenza in materia di fatturazione. Ciò potrà servire per normalizzare tanto lavoro in nero, e combattere quella parte di
evasione fiscale marginale e diffusa.
Una quarta questione: è l’ammontare del reddito di cittadinanza e la
sua distanza con salari da lavoro molto bassi. Il reddito di cittadinanza nella
misura di 780 euro è equo, ed in ogni caso va fatto decollare anche per un
ammontare non eccessivamente lontano da questa cifra. Va, altresì, accompagnato
con una misura normativa che venga a determinare
la Paga oraria minima per Legge; allo
scopo di evitare livelli salariali troppo bassi e al limite dello schiavismo. La collaborazione su questa questione con i Sindacati è fuori di dubbio necessaria;
credo condivideranno che il sostegno ai
lavoratori per la disoccupazione involontaria (oggi chiamato Reddito di
cittadinanza) e il diritto alla paga
minima stanno nella tradizione di tutto il movimento di lavoratori . Si possono
trovare con i sindacati stessi tutte le condizioni normative per non vanificare i contratti collettivi che prevedono
paghe orarie superiori; ma la paga minima per legge è sacrosanta per evitare lo
schiavismo in questo paese.
Una quinta questione; è
quella sull’utilizzo che potranno fare i
Comuni e gli Enti locali, di cittadini
posti in reddito di cittadinanza. Può andare ben oltre le otto ore settimanali; si possono fare convenzioni con gli enti
territoriali per progetti di lavoro anche produttivi di lungo periodo. I Comuni
ne avrebbero un notevole beneficio per l’utilizzo di mano d’opera a costi
contenuti. Ma attenzione! Chi è posto in
reddito di cittadinanza, se viene impiegato per un numero superiore alle otto
ore settimanali deve ricevere qualche euro in più.
Una sesta questione: evitare che la formazione, durante il periodo
di fruizione del Reddito di cittadinanza, diventi spreco di risorse. Abbiamo in Italia esperienze negative di corsi
costosi e inutili, che non hanno portato ad assunzioni (la gestione di alcuni
corsi di formazione regionali è stata accompagnata da sprechi e truffe). Occorre
puntare soprattutto sulla formazione diretta fatta dalle aziende nel
periodo che precede un’assunzione e in vista di una vera e propria di
assunzione. Riguardo a corsi generici di formazione vanno fatti decollare con
la massima attenzione per la spesa e per le previsione di possibili assunzioni. Occorre pure vedere quanta parte di
formazione è già affrontata o affrontabile con la Scuola pubblica, specie
quella professionale, che già assorbe una
parte della Spesa pubblica.
A queste sei questioni vanno aggiunti due punti
necessari per fare chiarezza sul piano
applicativo.
Primo punto: la riserva del reddito di cittadinanza
ai cittadini italiani va meglio
chiarita. Chi non è cittadino italiano e non ha trovato lavoro in Italia
può far parte di altri Istituti assistenziali che fanno riferimento all’Accoglienza.
Chi, pur non essendo cittadino italiano, ha trovato lavoro in Italia ed ha
partecipato con il suo lavoro a contributi previdenziali ed al pagamento d’imposte, va tutelato in quanto lavoratore
in Italia e va assimilato, se perde il lavoro, a tutti gli altri lavoratori
italiani. Quindi la normativa del Reddito
di cittadinanza lo deve in qualche modo contemplare.
Secondo
punto, i lavoratori che attualmente sono tutelati dalla cosiddetta indennità di
disoccupazione debbono mantenere le attuali garanzie di tutela e vanno solo
successivamente rinviati nel regime di reddito di cittadinanza. Vanno però corretti alcuni aspetti applicativi
dell’indennità di disoccupazione che si prestano in alcuni casi a raggiri
(esempio alcuni casi di uso dell’indennità nel settore del bracciantato
agricolo – il collocamento nel lavoro
dei braccianti va eseguito da Centri comunali
per l’impiego, e reso trasparente, per eliminare lo schiavismo del Caporalato).
Riguardo a questo secondo punto è
necessario il rapporto con il Sindacato per trovare un accordo.
Il Sindacato va posto nella condizione di
piena collaborazione per l’impianto del Reddito di cittadinanza. Il Reddito di
cittadinanza può essere un istituto che
trova il finanziamento prevalente dai lavoratori e dai datori di lavoro, oltre
che dallo Stato in generale. In fin dei conti il Reddito di cittadinanza è una
forma di civilizzazione del mercato del lavoro.
Infine
la penalizzazione di chi abusa del Reddito di cittadinanza senza averne diritto
deve avere misure agili di penalizzazione, piccole, immediatamente applicative
e con un risvolto economico. Minacciare grandi pene e galera non fa bene all’Istituto
del Reddito di cittadinanza che si vuol fare decollare, apre la stura a lunghi
processi, alla vittoria dei furbi o alla punizione eccessiva di qualche
disgraziato.
E
proprio infine, faccio i miei migliori auguri a Lei Signor Ministro Luigi Di Maio, e che possa riuscire
in questa impresa di civiltà e solidarietà.
Monza 13/10/2018 Francesco Zaffuto