sabato 29 giugno 2013

Senatori, ma voi non avete questo problema …

Il 26 giugno 2013 il Senato ha bocciato una mozione del Movimento 5 stelle che voleva buttare le basi per l’avvio dell’introduzione di un Reddito minimo garantito.
Hanno votato contro  181 Senatori  (Pd, Pdl e Scelta Civica), a favore 50 Senatori (M5S e Sel), si sono astenuti i senatori leghisti.
La mozione intendeva impegnare il Governo:  (qui la parte finale del testo della Mozione)
1) ad assumere iniziative per introdurre il reddito minimo garantito, predisponendo un piano che individui la platea degli aventi diritto, considerando come indicatore il numero di cittadini che vivono al di sotto della soglia di povertà;
2) a procedere al riparto delle risorse del fondo nazionale per le politiche sociali
concordato in sede di conferenza delle Regioni, al fine di rendere queste risorse
immediatamente disponibili alle Regioni stesse e quindi agli enti gestori;
3) a reperire le risorse necessarie anche attraverso la lotta all'evasione fiscale e l'incremento delle imposte sul gioco d'azzardo, e in particolare sulle scommesse on line, nonché attraverso specifiche disposizioni volte alla redistribuzione delle
"pensioni d'oro";
4) ad attuare specifiche politiche sociali e dell'occupazione per inoccupati e
disoccupati tra i 30 e i 54 anni in generale, e per la donne inattive in particolare, quali categorie a più alto rischio di povertà ed esclusione sociale.

Di ragionamenti se ne possono fare tanti, ma sta di fatto che il Governo Letta non intende neanche prendere in considerazione il reddito minimo garantito neanche a livello di studio.
 Il quantitativo di suicidi per disperazione che c’è stato in Italia a quanto pare lascia indifferenti i Senatori dei partiti che sostengono questo Governo,   MA L’EMEGENZA PERMANE PER CHI NON HA REDDITI ED E’ DISOCCUPATO. Per uscire dalla situazione di emergenza i Comuni debbono essere in grado di dare un aiuto ai cittadini che versano in difficoltà e occorre conoscere quanti sono; un aiuto per non ritrovarli per strada dopo uno sfratto esecutivo, un aiuto in attesa di ritrovare un lavoro.
 Se il reddito minimo viene ad essere ancorato alla disponibilità a fare un lavoro non si tratta di un esborso finanziario stratosferico;  l’esborso avrebbe un carattere momentaneo e verrebbe a cessare immediatamente in corrispondenza di un lavoro che si viene a creare.
Dica con chiarezza Letta cosa intende fare.
Questo Blog dall’8 maggio 2013 ha iniziato a diffondere questa ipotesi


Immagine – Giurlanno e la ruota della Storia – di Liborio Mastrosimone – da  http://libomast-digiart.blogspot.it

Un altro lutto per disoccupazione in Italia

Il suicidio di un disperato senza lavoro ormai non raggiunge più le cronache nazionali, resta relegato alle cronache locali come un qualsiasi incidente.
Roselle provincia di Grosseto
 Sessant’anni, aveva perso il lavoro da un anno e mezzo e senza i requisiti per andare in pensione. Non aveva più soldi per pagare l’affitto ed è arrivato lo sfratto esecutivo.
Giovedì 20 giugno: si impicca ad un albero di ulivo, nella parte nascosta di un giardino pubblico di Roselle, lo ritrovano due ragazzini che passavano di là. Questo accadeva mentre l’ufficiale giudiziario con polizia e fabbro sfondavano la porta della sua casa per lo sfratto.
 Che senso ha l’esistenza di uno Stato con tutti i suoi enti pubblici che non riesce a dare una mano. Un provvisorio sussidio per pagare l’affitto, l’inserimento in una lista d’attesa per trovare lavoro, un provvisorio lavoro di utilità sociale e questa disperazione non avrebbe prodotto questa silenziosa tragedia.

venerdì 28 giugno 2013

Quando la ragione sfugge


Il governo sta per fare ricorso ad incentivi per dare qualche risposta alla disoccupazione; e pensa che con le sue misure potrà dar vita a 200 mila assunzioni. L’incentivo sarà dato alle aziende che assumono lavoratori a tempo indeterminato  per i primi 18 mesi.
 Sugli effetti reali di tali incentivi sono sorti i primi dubbi. L’economista Tito Boeri, nel dibattito con il Ministro Giovannini su la 7 del 26 giugno, faceva rilevare che potranno avvantaggiarsene (nei due anni di applicazione della norma)  solo le aziende che avrebbero normalmente assunto, senza alcun reale impatto per un incremento occupazionale. Lo stesso Ministro non ha smentito questa tesi ed ha parlato di un impatto limitato ma in grado di rispondere ad alcune urgenze occupazionali per i giovani.
 L’urgenza più evidente è di dare un lavoro a chi aspetta da più tempo.  Allora vediamo con quali criteri va a spendere un miliardo e mezzo il Governo.
 Il criterio base si riassume nel comma 2 dell’articolo 1 del decreto che così recita:
2. L’assunzione di cui al comma 1 deve riguardare lavoratori, di età compresa tra i 18 ed i 29 anni,
che rientrino in una delle seguenti condizioni:
a) siano privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi;
b) siano privi di un diploma di scuola media superiore o professionale;
c) vivano soli con una o più persone a carico.
 La norma esclude i disoccupati che hanno compiuto 30 anni, non importa se da alcuni anni sono disoccupati per questa crisi economica.
 Visto che nel nostro “civile” paese non esistono liste di collocamento poi si fa un generico riferimento ad una delle seguenti condizioni a), b), c).
 Pertanto se hai 30 anni, se sei disoccupato da più di due anni, se sei diplomato o laureato, sei proprio escluso.
 In questo “civile” paese sono necessari urgenti misure per dare una risposta a chi si trova in condizione di disoccupazione da più tempo, ma su questo il Ministro non risponde
Qui il testo completo delle misure del Governo


immagine - Giurlanno e la crisi economica - di Liborio Mastrosimone http://libomast-digiart.blogspot.it

giovedì 13 giugno 2013

Bozza proposta di legge su collocamento e welfare


L'8 maggio 2013  è stata inviata via mail a 640 parlamentari questa bozza di proposta di legge su collocamento e welfare - e tramite mail + Raccomandata R.R. al Ministro del Lavoro - Il Ministro non ha risposto, e riguardo ai parlamentari hanno risposto: la segreteria del Presidente della Camera Boldrini e i deputati della commissione Lavoro del Movimento 5 stelle.

Disponibilità al lavoro, collocamento e welfare
1
Ai fini dell’applicazione degli articoli 1, 4 e 38 della Costituzione italiana sono istituiti presso i Centri di impiego regionali le Liste di Collocamento al Lavoro con carattere obbligatorio e pubblico.
2
Ogni cittadino in condizione di disoccupazione e che cerca con urgenza un’occupazione può chiedere l’iscrizione alle Liste di Collocamento e sarà iscritto in base alle proprie capacità e formazione a diverse tipologie di mansioni, oltre a una di generica iscrizione di disponibilità a lavori di pubblica utilità predisposti dal Comune di appartenenza e comuni viciniori. Sono da considerare cittadini in stato di disoccupazione: tutti coloro che hanno perso un precedente lavoro a tempo indeterminato, determinato, a progetto e di qualsiasi altra forma; tutti i cittadini che cercano il lavoro come prima collocazione; tutti i cittadini che hanno chiuso una partita IVA per l’impossibilità di esercitare un lavoro autonomo.
3
Tutte le ditte private che assumono personale sono obbligate a farlo tramite le liste di collocamento pubbliche per almeno il 70% delle assunzioni, sia per le assunzioni a tempo indeterminato e sia per le assunzioni a tempo determinato. Tutti gli organismi pubblici sono obbligati ad assumere tramite dette liste per il 100% delle assunzioni a tempo indeterminato e determinato, tranne per i posti soggetti a concorso pubblico. Le percentuali indicate sono comprensive delle quote previste per le categorie protette.
4
 Solo le ditte che dimostrano di assumere per il 70% tramite le Liste di Collocamento pubbliche potranno godere di incentivi per l’occupazione e potranno detrarre gli emolumenti corrisposti ai lavoratori dalla base imponibile IRAP.
5
Le assunzione avverranno sulla base delle seguenti priorità: carichi di famiglia e precedenza per maggior tempo di attesa in collocamento.
6
 Durante il tempo di attesa verrà riconosciuta una indennità di disponibilità al lavoro di 20 euro al giorno a carico dello Stato  esente da ogni tassazione e tributo. Ai fini previdenziali e pensionistici i periodi di permanenza di iscrizione alle liste di collocamento sono riconosciuti come lavoro effettivo.
7
 Il Centro di impiego comunicherà al lavoratore in disponibilità il primo lavoro disponibile e il lavoratore sarà obbligato a prendere servizio. La mancata presa di servizio viene a comportare la cancellazione dalle liste per mesi tre e la sospensione dell’indennità per lo stesso periodo.
8
 Durante il periodo di permanenza in disponibilità i Comuni possono utilizzare gli iscritti alle liste per lavori socialmente utili. In tal caso i comuni provvederanno a pagare al lavoratore altri 20 euro per l’effettiva utilizzazione giornaliera.
9
 Ai fini del finanziamento di questi dispositivi vengono sospese tutte le pensioni superiori a 5.000 euro netti mensili e tutti gli emolumenti pubblici del personale in attività  non potranno  superare il doppio di tale riferimento;  in caso di mancata capienza finanziaria si farà riferimento ad un tributo di scopo con carattere solidale,  proporzionale e progressivo,  e con vincolo di destinazione al solo finanziamento degli oneri derivanti da questi dispositivi. 

LA BOZZA FU ACCOMPAGNATA CON UNA LETTERA INDIRIZZATA AL MINISTRO DEL LAVORO GIOVANNINI -

Egregio Signor Ministro del Lavoro
Prof. Enrico Giovannini
Le allego una bozza di proposta di legge su lavoro e disoccupazione che è stata condivisa in rete.
Sicuramente non mancano dati alla S.V. per misurare  il problema della disoccupazione in Italia; ma sui dati si legge una pena che travalica i dati stessi, i suicidi di disoccupati sono l’esempio più estremo.   Chi cerca lavoro è lasciato solo dallo Stato,  in una disperazione che aumenta per ogni giorno che si aggiunge nella ricerca, ma si aggiungono mesi  e in alcuni casi anni.  E’ estremamente necessario che i tempi di attesa producano una forma  di precedenza.
 Nel nostro paese esisteva un ruolo del Ministero del Lavoro di aiuto e di collaborazione nella ricerca del lavoro  e una normativa sulle liste di collocamento che è stata distrutta. Cercare un lavoro con gli attuali Centri di impiego si rivela inutile; cercarlo con centri privati o su internet è deprimente, spesso si tratta di meri annunci fatti allo scopo di accantonare curriculi e dati;  in alcuni annunci vengono richieste pretese esperienze pregresse anche per i lavori più umili dall’aiuto in cucina alle mansioni di pulizia. Chi cerca lavoro per la prima volta o chi cerca lavoro  in un campo diverso da quello precedente si trova sempre senza i requisiti necessari.  
 Le liste di collocamento pubbliche possono: diminuire l’angoscia di chi cerca lavoro, contrastare il lavoro nero e l’evasione fiscale connessa, permettere  di misurare con certezza l’entità della disoccupazione al fine di organizzare un welfare appropriato, permettere di centralizzare domanda e offerta di lavoro all’interno di un sistema informatico di alto livello evitando tempi morti e perdite di energie.  
  Fare ripartire il lavoro e farlo ripartire con un certo ordine fa parte dello stesso problema. Le aziende non riceveranno  un danno da una normativa che imponga le assunzioni tramite liste pubbliche per il  70% degli occupabili se a fronte di tale impegno solidale si vengono a concedere benefici fiscali.   La gestione delle assunzioni non può  essere considerato un fatto privato se poi si danno benefici  fiscali pubblici;  il 70 per cento per assunzioni tramite liste pubbliche e il 30 per cento tramite chiamata diretta può essere un buon equilibrio tra funzione pubblica e privata nel criterio delle assunzioni.
 Chi è in stato di disoccupazione con l’iscrizione alle liste di collocamento dichiarerebbe esplicitamente la propria disponibilità al lavoro e la disponibilità al lavoro va riconosciuta in parte come lavoro. Retribuire con un minimo  la disponibilità al lavoro e ancorare questa retribuzione ad un meccanismo di controllo è il modo meno umiliante con cui concedere un reddito minimo di cittadinanza ed evita la dispersione delle risorse.
 Gli esborsi monetari per tale welfare avranno la caratteristica di ritornare immediatamente nel circuito della domanda dei beni. Questi costi sono capaci di generare ricchezza perché determineranno la riduzione di altri costi: si sottrae manodopera alla malavita, si fa diminuire l’evasione, si riducono costi sanitari e di altra assistenza, e soprattutto si riduce la disperazione.
 I fondi?  Possono derivare dalla riduzione dei costi della politica e dal contenimento delle paghe pubbliche più elevate, e se non basta facendo ricorso a un tributo di solidarietà, come tributo di scopo e con vincolo di destinazione ben preciso, una forma  di mutualità tra tutti i lavoratori dove lo Stato viene ad assolvere alla sua funzione di assicuratore sociale.

domenica 2 giugno 2013

COSTITUZIONE E DISOCCUPAZIONE

A sostegno della Proposta di bozza di legge sul collocamento e welfare  inviata al Ministro del Lavoro e a 640 parlamentari  INVIATA - LA LEGGERANNO????????????
Qui uno studio su Costituzione italiana  e Disoccupazione
Art. 1
L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

UNA NOTA:  L’aspetto fondativo del lavoro alla base della Repubblica è posto in modo inequivocabile.   
 Il lavoro si può considerare una entità complessiva formata da lavoro subordinato, da quello  autonomo, dalla attività d’impresa, e anche da tutte quelle attività gratuite rese per scopi culturali, sportive, di beneficenza.
 L’unica cosa che non si può considerare lavoro e che va contro il lavoro è la disoccupazione;  e quindi era compito principale della Repubblica, con tutti i suoi organismi istituzionali, combattere la disoccupazione. Quello che è accaduto in materia di disoccupazione dal 27 dicembre 1947 ad oggi è inspiegabile e mostra soltanto l’avere disatteso la Costituzione.
Art. 2
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

UNA NOTA  Questo articolo anche se non nomina espressamente la parola lavoro parla di diritti inviolabili dell’uomo che vengono garantiti nelle formazioni sociali dove l’uomo svolge la sua personalità. E’ evidente che la mancanza di un lavoro e di un minimo reddito impedisce il riconoscimento di tali diritti. E’ espresso nell’articolo  il richiamo ai doveri di solidarietà politica, economica e sociale. In base a questo articolo Governo e Parlamento dovevano avere cura della questione disoccupazione chiedendo espressamente una solidarietà economica ai detentori di maggiori mezzi.
Art. 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

UNA NOTA L’articolo non lascia dubbi.  La pari dignità sociale senza mezzi di sopravvivenza non esiste. I cittadini che hanno necessità di fare derivare dal lavoro i mezzi di sopravvivenza e non hanno un lavoro diventano nei fatti disuguali e si vengono a creare distinzioni tra i cittadini per condizioni personali e sociali.
 Se ci fossero dubbi, vengono completamente chiariti dal secondo comma;  il compito di porre rimedio è della Repubblica,  di conseguenza questo compito è stato in capo a tutti coloro che hanno rappresentato la Repubblica a partire dai più alti gradi.
Art. 4
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

UNA NOTA  La Repubblica RICONOSCE e PROMUOVE.  Il primo atto è di riconoscimento,  e allora la Repubblica non può non vedere lo stato di disoccupazione e non può ignorarlo.  
Per riconoscere occorre conoscere,  e conoscere in materi a di disoccupazione non può essere un sondaggio o una raccolta di dati non verificabili. Conoscere in materia di disoccupazione significa avere dati certi e certificabili da dichiarazioni o da precise osservazioni.
 Non centralizzare i dati sulla disoccupazione in un centro di raccolta dati con carattere pubblico obbligatorio è un inadempimento della Costituzione, impedisce il conoscere per poi  riconoscere.
 PROMUOVERE poi significa fare atti che possano rendere effettivo il diritto e il promuovere non può significare delegare ai privati ma avere cura con gli organismi dello Stato. I privati non possono sostituirsi allo Stato in materia di disoccupazione; possono contribuire favorevolmente, ma non possono sostituire lo Stato.
 L’aver  affidato ad Agenzie private la materia del collocamento  è grave disattesa dell’artico 4 in materia di lavoro. 
 L’articolo 4  fa derivare dal diritto un dovere, questa volta giustamente non lo chiama lavoro, e lo chiama in termini più generali un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. Quindi, la Repubblica ti riconosce e promuove il lavoro e poi ti chiede di contribuire con qualche attività alla società come dovere. Chi è in stato di disoccupazione viene addirittura messo nelle condizioni di non poter adempiere ai propri doveri.   La chiarezza dell’articolo rende evidente la sua mancata applicazione.
Art. 35.
La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.
Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori.
Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro.
Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell'interesse generale, e tutela il lavoro italiano all'estero.

UNA NOTA  La tutela del lavoro va di conseguenza data a tutte le forme ed applicazione del lavoro, in base a questo enunciato sia il lavoro subordinato come quello autonomo debbono avere una tutela. Permettere lo sviluppo del lavoro autonomo e agevolare le microimprese è un modo di combattere la disoccupazione.
Curare la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori significa anche valorizzare il lavoratori che hanno raggiunto formazione ed elevazione professionale.  Sono pertanto necessarie liste di collocamento che permettano di trovare nell’immediato qualsiasi umile lavoro e al  lavoratore va data l’opportunità  di cambiare lavoro se si presentano sviluppi professionali adeguati alla sua formazione.
 Nei rapporti internazionali è evidente che si intende l’estensione dei diritti e non un peggioramento rispetto alla tutela data dalla Costituzione.
 L’avere eliminato le liste di collocamento pubbliche adducendo scuse  come quella di adeguarsi a normative di altri paesi non poteva avere una giustificazione sul piano costituzionale (tra l’altro scopriamo che in altri paesi europei ci sono maggiori tutele rispetto alla disoccupazione).
Art. 36.
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.

UNA NOTA Precarietà e lavoro a tempo determinato sono condizioni che non vengono scelte dal lavoratore e queste condizioni determinano  retribuzioni non sufficienti ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa.  Il lavoro precario e  a tempo determinato deve ricevere pertanto una maggiore tutela dalle istituzioni dello Stato e i periodi di disoccupazione debbono essere  colmati da una forma di assicurazione collettiva; necessita  un welfare generalizzato per tutti i lavoratori e non ristretto a poche categorie.

Art. 38.
Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.
Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale.
Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato.
L'assistenza privata è libera.

UNA NOTA L’articolo 38 è il più esplicativo sugli obblighi dello Stato in materia di disoccupazione: i lavoratori hanno diritto che siano preveduti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di …  disoccupazione involontaria.
 Per prevedere occorre conoscere ed avere strumenti di certificazione, le liste di collocamento pubbliche sono lo strumento possibile.  Queste liste esistevano, andavano migliorate e rese efficienti.  Invece, sono state cancellate sostituendole con centri di impiego inutili e sprovvisti di autorità. Gli organi di governo che hanno cancellato le liste di collocamento hanno operato contro questo articolo. Non si è trattato solo di disattendere la Costituzione ma di operare contro la Costituzione.
 Assicurare mezzi adeguati alle esigenze di vita significa un minimo reddito garantito per i periodi di disoccupazione involontaria.
 Certo l’articolo conclude con la frase: l’assistenza privata è libera, ma ciò non contrasta con i doveri dello Stato, dice solo che anche i privati possono dedicarsi ad opere di assistenza.
Art. 41.
L'iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.

UNA NOTA  Un limite viene dato all’impresa: non svolgere l’attività  in contrasto con l’utilità sociale;  e viene data anche una esplicita richiesta di collaborazione e coordinamento.
 Obbligare le imprese private a servirsi del collocamento pubblico per il 70%  delle assunzioni  sta dentro la logica ed il dettato letterale di questo articolo.

Considerazioni finali. Dalla complessiva lettura degli articoli deriva che è compito principale dello Stato combattere la disoccupazione e di conseguenza Parlamento e Governo hanno l’obbligo di trovare i dispositivi legislativi necessari per: sviluppare tutte le possibilità di lavoro, distribuire le possibilità di lavoro esistenti, sostenere economicamente i lavoratori nei periodi di disoccupazione e fare in modo che il singolo lavoratore non sosti in disoccupazione per periodi lunghi che logorano la sua personalità.


Immagine – la copertina della Costituzione italiana