mercoledì 31 dicembre 2014

Chi sono gli statali fannulloni da licenziare

 Se penso che aspettavo un libro che mi aveva spedito un amico e che da 20 giorni non arriva, e forse non arriverà mai,  mi viene voglia di dare retta a Renzi quando parla di licenziamento degli “statali fannulloni”.
Ma i postini sono statali?  Un quesito mica da poco. Da quando l’ente Posta è diventato una SPA, gli stessi postini non lo sanno. Allego qua il link di un dibattito in rete:
Ora un postino che non sa neanche lui chi è può portare la posta a giusta destinazione?
 Un postino con tale crisi d’identità conosce l’articolo 15 della Costituzione che parla dell’obbligo della custodia della posta e della tutela della sua segretezza?
 Un tempo il postino era considerato “Ufficiale postale”, oggi molto spesso è un precario;  una funzione costituzionale è stata ridotta a ben poca cosa.
 Nel gennaio 2009 scrissi una lettera al Presidente della Repubblica sul mal funzionamento della posta nella mia regione, e forse la Presidenza o la sua segreteria intervenne, perché mi arrivò successivamente una lettera di scuse di un dirigente dell’ufficio postale regionale che dava la colpa alla neve.  Questo il link sulla diatriba
Ma nulla cambiò, e ora di fronte a nuovi disservizi non oso fare più reclami;  anche perché dopo la Presidenza della Repubblica mi rimane il Padre Eterno che ha cose ben diverse da fare.
Quando si parla di Statali fannulloni da licenziare allora è necessaria qualche precisazione:
prima di tutto chi sono gli Statali che fanno parte del pubblico impiego e chi sono quelli che non sono né carne né pesce;
poi come si spiega che non sono state applicate misure disciplinari esistenti dal 1957 (DPR. 10 gennaio n.3).  L’art. 78 di tale legge dice: Sanzioni. L'impiegato che viola i suoi doveri è soggetto alle seguenti sanzioni disciplinari:
1) la censura;
2) la riduzione dello stipendio;
3) la sospensione dalla qualifica;
4) la destituzione
Il licenziamento per gli statali, Presidente Renzi, esiste dal 1957 e si chiama destituzione. 
I dipendenti pubblici debbono fare bene il proprio lavoro; per affrontare i disservizi non è tanto la minaccia del licenziamento (già esistente) che risolve i problemi,  ma l’applicazione immediata delle sanzioni minori.
Allora diciamola bene:  molti dirigenti per quieto vivere preferiscono le disfunzioni del servizio rispetto alle grane con i dipendenti e i politici  sono ben tolleranti con i dirigenti inadeguati.  Gli anatemi che i politici, ogni tanto,  hanno sollevato contro gli statali sono state forme di propaganda elettorale. Dare la colpa ai sindacati per eccesso di tutela è un po’ come dare la colpa agli avvocati per il loro ruolo di difensori.    L’equazione è quasi matematica: a politici corrotti stanno dirigenti inadeguati, a dirigenti inadeguati stanno dipendenti pubblici distratti.
 Non è con le eliminazione delle tutele che si raggiungono i risultati ma facendo ogni giorno tutti bene il proprio lavoro.

31/12/14 francesco zaffuto

domenica 28 dicembre 2014

Gli statali e la strana uguaglianza nei licenziamenti

Avanza il Jobs Act in modo alquanto strano:  l’argomento chiave che doveva essere quello di assumere si è trasformato nell’argomento chiave di licenziare. I nuovi assunti del settore privato (se ci saranno)  avranno meno garanzie di conservazione del posto e le imprese,  adducendo motivazioni economiche,  potranno licenziare senza tante preoccupazioni  di ricorsi al Giudice.  Si comincia a prospettare l’ipotesi di allargare le nuove regole sul licenziamento anche ai lavoratori statali (ipotesi fino ad ora solo  prospettata perché il Governo dice che deve essere il Parlamento a decidere in merito).
 Ci sono degli strani amanti dell’uguaglianza che vorrebbero portare tutti i lavoratori allo stesso stato di degradazione e che sostengono che gli statali sono dei privilegiati ed è giusto sarebbe sottoporli alla pratica del licenziamento. Ma il datore di lavoro Stato non è la stessa cosa di un’impresa:  l’impresa ha un suo limite territoriale e può avere anche un limite temporale, l’impresa può avere difficoltà economiche che possono portarla alla chiusura; lo Stato con i suoi enti di decentramento  è pur sempre un ente unico,  non ha un limite temporale, è un ente che dura nel tempo, non ha un limite spaziale, il suo spazio coincide con il territorio della nazione, non può chiudere,  perché se lo Stato fallisce e chiude vuol dire che siamo alle porte di un capovolgimento catastrofico di immane portata. Allora finiamola di cianciare sull’ipotesi di licenziamento degli statali; i lavoratori in sovrannumero in un settore possono essere trasferiti sul piano territoriale o per modifica di mansioni, il problema di licenziamento non esiste, al massimo possono esistere le dimissioni dello statale che non accetta il trasferimento. Parlare di licenziamento degli statali è solo un esercizio di cattiveria ammantato di uguaglianza.
28/12/14 francesco zaffuto
Qualche notizia collegata

Immagine – vaso greco – Procuste giustiziato da Teseo. Procuste,  per un suo strano senso dell’uguaglianza,  sottoponeva malcapitati passanti a particolari sevizie, li metteva su un letto e se troppo bassi li stirava a forza, se troppo lunghi gli amputava i piedi che sporgevano dal letto.  http://it.wikipedia.org/wiki/Procuste

venerdì 19 dicembre 2014

UN COMUNE SENZA DISOCCUPATI, SI PUO’ FARE

Si chiama Marinaleda, è un comune spagnolo di 2.645 abitanti situato nella comunità autonoma dell'Andalusia. Questo piccolo comune, ispirandosi agli ideali del socialismo storico, ha costruito nell'arco di 30 anni un sistema economico e sociale che garantisce la sussistenza dell'intera comunità. Grazie alla cooperativa Humar, il 70% della popolazione residente ha un reddito sufficiente prodotto dal lavoro nei campi e dall'industria della trasformazione. Il resto della popolazione lavora in piccoli esercizi commerciali e ovviamente qualche impiego pubblico in scuole e uffici. Disoccupazione 00,00%
A questo link il servizio

martedì 16 dicembre 2014

Una mano a Patrizia

L'art. 18 si avvia ad essere modificato, ma già il licenziamento per motivazioni economiche e senza giustificazioni fa le sue vittime, figuriamoci quando non si potrà ricorrere al giudice. DIAMO UNA MANO A PATRIZIA
QUI IL LINK PER FIRMARE LA PETIZIONE
Il mio nome è Patrizia e sono stata licenziata da LyondellBasell, una società chimica americana che produce polipropilene e opera all'interno del petrolchimico dell'area industriale di Brindisi.
Il licenziamento sarebbe avvenuto per ragioni legate al riassetto economico dell'azienda, o almeno questa è la spiegazione ufficiale. Su questi licenziamenti non si discute di possibilità di reintegro, è la strategia per opporsi alle impugnazioni davanti ai magistrati del lavoro. Tuttavia io ritengo di esser stata licenziata perchè affetta da cancro. Sono diventata insomma il simbolo di una logica che non è solo quella della prevalenza delle ragioni del profitto sulla vita delle persone, ma è anche il simbolo della logica dell'eccedenza e della rottamazione.
L’agonia è durata oltre due anni, senza parole ma solo ombre apparse improvvisamente nella stanza 22, il 17 novembre 2014 alle 15, ombre armate di un foglio.
Erano in due, uno dei due leggeva velocemente, le parole mi sfuggivano, chiedevo spiegazioni ma quella voce continuava a farsi sentire finendo tutto di un fiato la lettura del testo per concludere: “tutto è irrevocabile e non ci sono margini di conciliazione”.
Pochi istanti per capire di essere soli e di aver perso tutto.
Il rullino della vita si riavvolgeva su se stesso, si sgretolava anche quel tetto costruito con tanti sacrifici, con i risparmi di tutta una vita e con tanti impegni futuri.
In ottobre 2014, l’impianto di Brindisi festeggiava il record di produzione. Posso solo dire “uno su mille non ce la fa” sono infatti oltre mille i dipendenti della società in Italia.
E quindi a 52 anni, dopo 25 anni di servizio, vengo licenziata in tronco, perchè non rientro più "nei piani economici ed organizzativi dell'azienda". Un licenziamento senza avviso di apertura, nonostante io per il mio lavoro abbia dato l’anima e negli anni scorsi lo abbia fatto nonostante una malattia che non può dirsi risolta definitivamente.
In questi giorni aspetto la lettera definitiva di licenziamento, ma chiedo a tutti voi di firmare per chiedere a Basell di gettarla nel cestino quella lettera e darmi un’altra possibilità.
Ringrazio con forte emozione tutti coloro che hanno manifestato in mio favore solidarietà e affetto; tutti quelli che mi hanno circondato con innumerevoli testimonianze di sincero affetto e calore umano e quanti sono stati presenti in un momento della vita in cui ci si chiedono tanti perchè senza trovare una risposta.
Ho bisogno di ritornare al lavoro, anche perché è statisticamente provato che svolgere la normale attività lavorativa riduce significativamente le probabilità di recidiva della malattia oncologica. 
QUI IL LINK PER FIRMARE LA PETIZIONE

lunedì 15 dicembre 2014

Il dopo sciopero



Il 12 dicembre, c’è stata un’adesione allo sciopero generale superiore al 60% in tutti i settori,
milioni di lavoratori hanno sacrificato un giorno di paga con la speranza di
essere ascoltati; un milione e mezzo, oltre a scioperare, sono scesi in piazza
in 54 manifestazioni disseminate per il paese.
Dopo uno sciopero c’è un dopo sciopero: ci si aspettano delle reazioni, delle aperture di dialogo o almeno un atteggiamento di ascolto. Da quel poco che hanno riportato i giornali
ecco come ha reagito il presidente Renzi: "massimo rispetto" per
chi sciopera, ma "non sono tipo da farmi impressionare. C'è un Paese da
cambiare e lo cambierem
o. Non ci facciamo impressionare: a testa alta
andiamo avanti nell'unica direzione possibile per salvare l'Italia". E
"da domani si torna a lavorare sempre fianco a fianco con i sindacati per
le crisi aziendali, ma quanto alla valutazione sulle leggi, le leggi si fanno
in Parlamento: non siamo un governo che cambia opinione perché c'è una
piazza".
Un po’ come dire “io so io e voi ….
Con questo tipo di reazioni,  cosa ci si può aspettare dai lavoratori che hanno scioperato? 

giovedì 11 dicembre 2014

Lo sciopero è sciopero


12 dicembre Sciopero generale

 Il Presidente Renzi smorza i toni: "C'è profondo rispetto per i sindacati, non la pensiamo come loro, cambieremo paese anche per loro ma garantiamo la massima collaborazione istituzionale e mi auguro che si risolvano in poche ore le polemiche tra Lupi e Camusso".  
Lupi, che aveva precettato i ferrovieri, ritira la precettazione. Da parte del sindacato viene  decisa una rimodulazione dello stop da 8 a 7 ore (dalle ore 9 alle 16).

 Toni smorzati o no, lo sciopero è sciopero, costa mediamente circa 60 euro ai lavoratori e non è poca cosa per chi deve far quadrare i conti con la paga di un mese. 
 Si tratta di uno sciopero contro la politica del Governo sul lavoro. 
 I lavoratori dei buoni o cattivi rapporti tra  Renzi e Camusso se ne fanno un baffo: ci vuole un welfare che protegga dalla crisi, ci vuole garanzia per i licenziamenti arbitrari, ci vuole lavoro.

domenica 7 dicembre 2014

Più lavoro se siamo meno cattivi con gli animali

Più lavoro se siamo meno cattivi con gli animali, se passiamo ad un allevamento rispettoso degli animali. Circa 175 milioni di conigli sono macellati ogni anno,  il 99% di questi animali viene allevato in gabbie di batteria; non solo saranno uccisi per diventare alimento per gli uomini, ma per tutto il tempo  della loro vita non potranno vivere la loro vita. Animali che in natura corrono e saltano costretti a vivere prigionieri in uno spazio microscopico. Non mancano certo appezzamenti di terra per fare un allevamento meno cattivo e rispettoso per la vita, non mancano lavoratori visto che c’è tanta disoccupazione. Certo la carne di coniglio potrà costare di più e ne mangeremo di meno, ma ne avrà un beneficio anche la nostra salute perché la poca che mangeremo sarà sicuramente più buona. Qualche regola pubblica e una certificazione obbligatoria per gli allevamenti può creare lavoro e rispetto per gli altri esseri viventi.
07/12/14 francesco zaffuto
Qui il link per aderire alla campagna per un allevamento rispettoso degli animali

venerdì 5 dicembre 2014

Reddito di cittadinanza, una questione centrale

Arriverà in Parlamento in gennaio il disegno di legge sul reddito di cittadinanza del Movimento 5 stelle. Si tratta di una questione centrale per sconfiggere la povertà e per porre rimedio a una società espulsiva. E' importante che si sviluppi dibattito e interesse su questa questione, altrimenti l’argomento verrà archiviato …
Qui il testo integrale

giovedì 4 dicembre 2014

AST TERNI – fatto l’accordo

Non ci saranno licenziamenti, ci saranno solo 290 uscire di lavoratori anticipare volontariamente dietro compenso monetario.

E’ un buon accordo per i lavoratori della AST TERNI, ma in qualche modo riduce complessivamente gli occupati.

mercoledì 3 dicembre 2014

Eredi nel lavoro

Su huffintonpost una notizia esemplare

Vicenza, lascia l'azienda in eredità ai 25 operai. Il funerale in fabbrica di Leonardo Martini, patron della Dioma


Non aveva figli, i parenti più prossimi e più bisognosi erano gli operai. L’augurio ora è quello che questi eredi possano continuare collettivamente nella strada tracciata da Leonardo Martini

martedì 2 dicembre 2014

ILVA pubblica, sì ma non lo stesso film

Questa la dichiarazione del Presidente Renzi tratta da huffingtonpost
"Rimettere in sesto quell'azienda per due o tre anni, difendere l'occupazione, tutelare l'ambiente e poi rilanciarla sul mercato. Ci sono tre ipotesi. L'acquisizione da parte di gruppi esteri, da parte di italiani e poi l'intervento pubblico. Non tutto ciò che pubblico va escluso. Io sono perché l'acciaio sia gestito da privati. Ma se devo far saltare Taranto, preferisco intervenire direttamente per qualche anno e poi rimetterlo sul mercato".
Questo blog ha auspicato per l’ILVA la nazionalizzazione e non può che  salutare positivamente le frasi di Renzi.  Non si può però rifare l’esperimento Italsider.

 Va bene l’ILVA gestita da un soggetto pubblico, che deve risanare l’ambiente, produrre con criteri umani che non danneggiano la salute e sopportabili per l’ambiente;  arrivare a produrre economicamente in pareggio e senza oneri per lo Stato e restare pubblica. Non si può ripetere lo stesso film, ha avuto un pessimo finale, quello di risanare per regalare a privati. 

lunedì 1 dicembre 2014

Svizzeri e migranti, tra il sì e il no

In questo ultimo referendum di fine novembre 2014 gli svizzeri hanno respinto con 73% dei votanti l’ipotesi di mettere un tetto super rigido all’immigrazione. Il referendum promosso dagli estremisti ambientalisti di Ecopop proponeva non più dello 0,2 per cento di nuovi immigrati all'anno. In un referendum sullo stesso tema del febbraio 2014  gli svizzeri si erano espressi per mettere un limite agli immigrati. Apparentemente può sembrare una contraddizione ma rivela che gli svizzeri non hanno problemi razziali nei confronti degli immigrati e che sono disposti ad accettarli purché non stravolgano quel benessere e quel tenore di vita a cui sono abituati. Una immigrazione sì ma in qualche modo ben integrabile nel sistema.
 Come potrebbero rispondere a referendum di questo tipo gli italiani? E’ molto probabile che risponderebbero come gli svizzeri. L’aspetto diverso è che in Italia non ci sta il benessere diffuso che c’è in Svizzera e che la questione migrazione deve fare i conti con l’appartenenza all’Europa comunitaria. Paradossalmente le contraddizioni in Italia sulla questione migranti sono diventate più complesse di quelle svizzere e  su queste contraddizioni i politici preferiscono cavalcare consensi al posto di indicare soluzioni possibili.


Immagine -  foto del lago di Lugano