domenica 11 marzo 2018

A margine di un drammatico caso di suicidio


Un uomo di 44 anni si è lanciato dal terzo piano dell'ospedale Fatebenefratelli all'Isola Tiberina, a Roma, dove la moglie era ricoverata in seguito al parto avvenuto solo pochi giorni fa.  L’uomo dicono che  in passato era stato vittima di crisi depressive, e da poco aveva perso il lavoro. Il Tgcom ha riportato così la notizia:  "alcuni testimoni lo avrebbero visto salire sulla terrazza, dove c'è un'area fumatori, e parlare al telefono. Poi, una volta terminata la chiamata, scavalcare la balaustra e gettarsi nel vuoto … http://www.ilgiornale.it/news/cronache/roma-va-trovare-moglie-e-figlio-appena-nato-disoccupato-si-1503304.html
 Se sentiamo che il suicida era un uomo che da poco aveva perso il lavoro, possiamo ipotizzare che ciò abbia contribuito; se sentiamo che da poco era diventato padre vediamo come il suo malessere gli impedisse di godere di uno dei momenti più belli ed esaltanti della vita; e forse il carico delle responsabilità del futuro ha prevalso sulla sua debole resistenza.
 Cosa passa nella testa di un uomo l’attimo prima di una scelta così drammatica resta un mistero che porta via con sé; ai familiari resta un dolore forte per la morte del congiunto e la particolare angoscia che il suicidio comunica; alla società dovrebbe restare una domanda: “Quanto ha contribuito all’evento il malessere sociale?”.  
  Durkheim, che dedicò al suicidio gran parte dei suoi studi sociali, disse che: pur sembrando in apparenza un atto soggettivo, imputabile a incurabile infelicità personale mostra come ci possano essere dei fattori sociali che esercitano un'influenza determinante; soprattutto ciò che egli chiamò anomia,  rottura degli equilibri della società e sconvolgimento dei suoi valori. Durkheim  ammetteva che vi potesse essere una predisposizione psicologica di certi individui al suicidio, ma la forza che determina il suicidio non è psicologica, bensì sociale.  
  L’Italia ha attraversato un lungo periodo di crisi economica depressiva e ora sta attraversando un periodo di dopo crisi lento e pieno di difficoltà per gli strati sociali più poveri. Il periodo di crisi è stato costellato da tanti casi di suicidio di lavoratori disoccupati ed anche d’imprenditori sull’orlo del fallimento economico; e lo stato di malessere economico  ancora oggi continua.  Non si hanno dati statistici ben definiti sui sucidi di questi anni di crisi;  e spesso le notizie dei casi di suicidio sono state poste senza rilievo dagli organi d’informazione, come se la stampa tendesse a rimuovere un atto che colpevolizza l’intera società. D’altra parte una eccessiva enfatizzazione dei casi di suicidio può anche portare a processi imitativi.
  Se le ristrettezze economiche possono essere una delle motivazioni sociali che portano a quell’emarginazione che può perfino portare al suicidio, una via per affrontare i problemi sociali più spinosi di sopravvivenza economica dei disoccupati è quella di un reddito di cittadinanza, ed è sicuramente un aiuto economico che li può sollevare dalle drammatiche ristrettezze. Ma occorre, altresì, puntare sull’incremento delle possibilità di lavoro, perché attraverso il lavoro si concretizzano un salario ed  il riconoscimento di una propria autonomia, questo secondo aspetto va contribuire al  riconoscimento dell’Io necessario a vivere.
Francesco Zaffuto

Articolo inserito su un post di Arpa eolica 

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