Un uomo di 44 anni si è lanciato dal terzo piano
dell'ospedale Fatebenefratelli all'Isola Tiberina, a Roma, dove la moglie era
ricoverata in seguito al parto avvenuto solo pochi giorni fa. L’uomo dicono che in passato era stato vittima di crisi
depressive, e da poco aveva perso il lavoro. Il Tgcom ha riportato così la
notizia: "alcuni testimoni lo
avrebbero visto salire sulla terrazza, dove c'è un'area fumatori, e parlare al
telefono. Poi, una volta terminata la chiamata, scavalcare la balaustra e
gettarsi nel vuoto … http://www.ilgiornale.it/news/cronache/roma-va-trovare-moglie-e-figlio-appena-nato-disoccupato-si-1503304.html
Se sentiamo che il
suicida era un uomo che da poco aveva perso il lavoro, possiamo ipotizzare che
ciò abbia contribuito; se sentiamo che da poco era diventato padre vediamo come
il suo malessere gli impedisse di godere di uno dei momenti più belli ed
esaltanti della vita; e forse il carico delle responsabilità del futuro ha
prevalso sulla sua debole resistenza.
Cosa passa nella testa
di un uomo l’attimo prima di una scelta così drammatica resta un mistero che
porta via con sé; ai familiari resta un dolore forte per la morte del congiunto
e la particolare angoscia che il suicidio comunica; alla società dovrebbe
restare una domanda: “Quanto ha
contribuito all’evento il malessere sociale?”.
Durkheim, che dedicò al suicidio gran
parte dei suoi studi sociali, disse che: pur sembrando in apparenza un atto
soggettivo, imputabile a incurabile infelicità personale mostra come ci possano
essere dei fattori sociali che esercitano un'influenza determinante;
soprattutto ciò che egli chiamò anomia, rottura degli equilibri della
società e sconvolgimento dei suoi valori. Durkheim ammetteva che vi potesse essere una
predisposizione psicologica di certi individui al suicidio, ma la forza
che determina il suicidio non è psicologica, bensì sociale.
L’Italia
ha attraversato un lungo periodo di crisi economica depressiva e ora sta
attraversando un periodo di dopo crisi lento e pieno di difficoltà per gli
strati sociali più poveri. Il periodo di crisi è stato costellato da tanti casi
di suicidio di lavoratori disoccupati ed anche d’imprenditori sull’orlo del
fallimento economico; e lo stato di malessere economico ancora oggi continua. Non si hanno dati statistici ben definiti sui
sucidi di questi anni di crisi; e spesso
le notizie dei casi di suicidio sono state poste senza rilievo dagli organi d’informazione,
come se la stampa tendesse a rimuovere un atto che colpevolizza l’intera società.
D’altra parte una eccessiva enfatizzazione dei casi di suicidio può anche
portare a processi imitativi.
Se le ristrettezze economiche possono essere
una delle motivazioni sociali che portano a quell’emarginazione che può perfino
portare al suicidio, una via per affrontare i problemi sociali più spinosi di
sopravvivenza economica dei disoccupati è quella di un reddito di cittadinanza,
ed è sicuramente un aiuto economico che li può sollevare dalle drammatiche
ristrettezze. Ma occorre, altresì, puntare sull’incremento delle possibilità di
lavoro, perché attraverso il lavoro si concretizzano un salario ed il riconoscimento di una propria autonomia,
questo secondo aspetto va contribuire al riconoscimento dell’Io necessario a vivere.
Francesco Zaffuto
Articolo inserito su un post di Arpa eolica
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