E’ l’ipotesi di una lettera a Luigi Di Maio.
Che dite, la invio?
Questo blog nel maggio del 2013 intervenne sull’argomento
(reddito di cittadinanza) con una bozza sui centri
per l’impiego e le liste di collocamento che fu inviata a 640 parlamentari, ovviamente
il risultato dell’interlocuzione fu minimo. Non essendo un luminare di
un’università, non avendo un partito alle spalle, e non potendo corredare la proposta
con migliaia di firme, era velleitario
aspettarsi congrui risultati.
Speravo che
già dal 2013 si cominciasse ad affrontare il problema, confidavo sulla nascita
di un governo Bersani/5stelle che poteva iniziare ad affrontare l’argomento, e
non decollò. Ciò nondimeno: insediato il governo Letta inviai la bozza al
ministro Giovannini; e dopo la nascita
del governo Renzi mi affrettai ad inviarla, sempre con lettera raccomandata, al ministro Poletti (certo ero un po’ pazzo
nel pensare che poteva essere letta da quei Ministri).
Ebbene
oggi, faticosamente arrivato al 2018 e 70 anni di età, e avendo votato per i
5stelle per il solo punto del programma del Reddito di cittadinanza, non mi
sono precipitato ad inviare una lettera a Di Maio, ancora non oso farlo; perché quando si raggiungono i 70 anni la
possibile mancata interlocuzione pesa come un macigno.
Allora parlo da solo in questo blog.
Ci sono tre possibilità di affrontare in
dottrina, in Italia, il Reddito di
cittadinanza:
quella che avevo cercato di esporre in quella
bozza che si basava su un effettivo funzionamento dei Centri per l’impiego
capaci di gestire delle Liste di Collocamento con aspetti di obbligatorieta in
toto o in parte;
e quella della proposta dei 5stelle
del 2013, che cerca di contemplare un reddito di
cittadinanza generalizzato con l’esistenza di Centri per l’impiego efficienti.
Scartata
la seconda ipotesi di Reddito di base incondizionato, non perché sia sbagliata,
ma perché ci vuole un coraggio da leoni per affrontarla, e non l’hanno avuto
gli stessi svizzeri che in quanto a welfare e denaro a disposizione stanno
molto meglio di noi; rimangono le altre due . E poiché la prima, che è la mia, non fa dottrina mi concentro su quella dei
5stelle.
Prima
questione: i Centri per l’impiego. Certo,
possono essere resi più efficienti e collegati con sistemi informatici per
tutto il territorio nazionale. E ciò è
possibile, e di conseguenza la disponibilità di un posto di lavoro in provincia
di Biella di aiuto cuoco può essere sottoposta ad un aspirante aiuto cuoco di
Canicattì. Detto questo, diventa essenziale cominciare a capire quale obbligo
potrà derivare alle aziende di effettuare
offerta di lavoro al Centro per l’impiego e quale obbligo può derivare
alle aziende di assumere tramite l’ordine di una Lista di collocamento.
Attualmente il datore di lavoro se vuole
assumere, prima prova a vedere se ci sta
disponibile un suo parente, poi se ci sta disponibile un suo amico, poi se ci
sta disponibile un parente o un amico di un suo amico, poi comincia a
rivolgersi ad una agenzia Privata di collocamento che può soddisfare al meglio
le sue esigenze, e solo alla fine ricorre ad un Centro pubblico per l’impiego.
Aggiungiamo, inoltre, che non ha alcun
obbligo di assumere la persona che viene segnalata dal Centro per l’impiego
perché la facoltà di assunzione è riservata all’azienda stessa.
·
In Italia le Liste
di collocamento, che nel dopoguerra
avevano graduatorie d’attesa che dovevano essere rispettate, sono state demolite. In un primo momento le assunzioni
divenmero al 50% con chiamata diretta dell’azienda e in un secondo momento sono
diventate al 100% con chiamata diretta (fatta esclusione per le categorie di
invalidi).
Di conseguenza, non dando alcun obbligo alle
aziende di ricorrere ai Centri per l’impiego per l’offerta di lavoro e non
dando nessuna percentuale obbligatoria di rispetto delle liste di collocamento,
si può ipotizzare che il disoccupato che si è iscritto al Centro non venga a
ricevere offerte di lavoro o pochissime e con estreme difficoltà di assunzione.
Certo, per continuare a percepire l’assegno del Reddito di cittadinanza dovrà
dimostrare che sta cercando anche in proprio, e starà soggetto a controlli, ad
obblighi di formazione, a disponibilità presso i Comuni per servizi essenziali;
ma rischia di stare in quella deprimente situazione per anni, e si sentirà anche
accusato di essere un mangiapane a tradimento.
I cinque
stelle, mi pare che, non vogliono inserire l’obbligo di assunzione (almeno in
percentuale) per le aziende tramite gli uffici di collocamento. Una tale misura
li renderebbe odiosi a tante aziende che non vogliono rinunciare alla potestà
di decidere, e quindi i nuovi Centri per l’impiego vengono a nascere un po’
costosi e un po’ monchi per autorevolezza. Il fare il confronto con Centri per
l’impiego tedeschi, non basta, perché
occorre fare i conti con una mentalità diversa dalla nostra riguardo alle assunzioni, da noi rimarrà prevalente la raccomandazione amicale e il “mi dice la testa”.
Quindi
una qualche norma sarebbe necessaria per
dare una funzione autorevole alle Liste di collocamento dei nuovi Centri per l’impiego:
magari in percentuale, oppure riservandola alle grandi aziende, oppure
riservandola a lavori che non necessitano di una eccessiva specializzazione. Si
può anche percorrere la strada di dare un qualche beneficio alle aziende che
intenderanno optare per assunzioni fatte rispettando l’ordine di priorità dato
dai Centri pubblici per l’impiego. Ma
qualcosa in questa direzione va fatto.
Una
seconda questione: è quella di non
scoraggiare coloro che vogliono mettersi a lavorare in proprio. Una normativa
sul reddito di cittadinanza non può avere come solo riferimento coloro che
cercano un lavoro subordinato. L’esistenza di cittadini giovani e meno giovani
che vogliono provare costruire un lavoro in proprio è fonte di grande ricchezza
per il paese ed è fonte possibile di nascita di nuovo lavoro e nuovo reddito.
Se diventa prevalente il beneficio di starsene ad aspettare un lavoro
subordinato. diventa difficile che
qualcuno scelga di rinunciare al Reddito di cittadinanza per sopportare tutto
il rischio di provarci a costruire un lavoro da solo. La misura del Reddito di
cittadinanza dovrebbe decollare insieme ad una serie di misure che spingono a
costruire un lavoro da soli. E possono essere le più varie. Anche i centri per
l’impiego potrebbero avere una sezione di consulenza per spingere il lavoratore
verso la costruzione di un lavoro in proprio. Il Reddito di cittadinanza in tal
caso sarebbe in funzione di assistere
l’impresa del cittadino in fase di decollo, e si chiederebbe al cittadino la
massima trasparenza in materia di fatturazione del lavoro che potrà acquisire
nella libera professione.
Una
terza questione è l’ammontare del reddito di cittadinanza e la sua distanza con
salari di lavoro molto bassi. Il reddito di cittadinanza nella misura di 780
euro è equo, ma in ogni caso va fatto decollare anche per un ammontare non
eccessivamente lontano da questa cifra. Va, altresì, accompagnata la normativa
sul reddito di cittadinanza con una misura che venga a determinare nel nostro
paese la Paga oraria minima per Legge, allo scopo di evitare livelli salariali troppo
bassi e al limite dello schiavismo.
Una
quarta questione; è quella che l’utilizzo
richiesto ai Comuni ed agli enti locali. di cittadini posti in reddito di
cittadinanza, può andare ben oltre le otto ore settimanali; si possono fare convenzioni con gli enti territoriali
per progetti di lavoro anche produttivi di più lungo periodo. I comuni ne
avrebbero un notevole beneficio per l’utilizzo di mano d’opera a costi
contenuti. Ma attenzione: a chi è posto in reddito di cittadinanza e viene
impiegato per un numero superiore alle otto ore settimanali, va dato qualche
euro in più.
Una
quinta questione: evitare che la formazione diventi soprattutto impiego e
reddito e guadagno per formatori e aziende che praticano la formazione. Abbiamo in Italia esperienze negative: corsi
costosi, inutili, che non hanno portato ad assunzioni; ed in diversi casi ci
sono stati sprechi e truffe attorno a corsi di formazione regionali. Occorre puntare soprattutto sulla formazione diretta
fatta dalle aziende nel periodo che precede un’assunzione e in vista di una
vera e propria di assunzione; e riguardo ad altri corsi generici di formazione
farli decollare con la massima attenzione, oculatezza nella spesa e previsione ben certa
in settori specifici. Se si vuole
puntare in formazione è necessari vedere
quanta parte è già affrontata ed affrontabile con la scuola pubblica, specie
quella professionale, che già assorbe una
parte della spesa pubblica.
A queste cinque questioni vanno aggiunti due
punti pratici ma necessari per demolire le insidie che si pongono sulla strada
del reddito di cittadinanza.
Primo punto: la riserva del reddito di
cittadinanza ai cittadini italiani va meglio
chiarita. Chi non è cittadino italiano e non ha trovato lavoro in Italia
fa parte di altri Istituti assistenziali che fanno riferimento all’Accoglienza.
Chi, pur non essendo cittadino italiano, ha trovato lavoro in Italia ed ha
partecipato con il suo lavoro a contributi previdenziali ed al pagamento d’imposte, va tutelato in quanto lavoratore
in Italia e va assimilato, se perde il lavoro, a tutti gli altri lavoratori
italiani. Quindi la normativa del
reddito di cittadinanza lo deve in qualche modo contemplare.
Secondo
punto, i lavoratori che attualmente sono tutelati dalla cosiddetta indennità di
disoccupazione debbono mantenere le attuali garanzie di tutela e vanno solo successivamente
rinviati nel regime di reddito di cittadinanza. Vanno però corretti alcuni aspetti applicativi
dell’indennità di disoccupazione che si prestano a raggiri (esempio in alcuni
casi di bracciantato agricolo).
Riguardo
a questo secondo punto è necessario il rapporto con il Sindacato per trovare un
accordo. Il Sindacato va posto nella condizione di piena collaborazione per
l’impianto del reddito di cittadinanza. Il reddito di cittadinanza può essere un istituto che trova il finanziamento
prevalente dai lavoratori e dai datori di lavoro, oltre che dallo Stato in
generale. In fin dei conti il Reddito di cittadinanza è una forma di
civilizzazione del mercato del lavoro.
Infine
la penalizzazione di chi abusa del Reddito di cittadinanza senza averne diritto
deve avere misure agili di penalizzazione, piccole, e immediatamente
applicative e con un risvolto economico. Minacciare grandi pene e galera non fa
bene all’Istituto del Reddito di cittadinanza che si vuol fare decollare, apre
la stura a lunghi processi, alla vittoria dei furbi o alla punizione eccessiva
di qualche disgraziato.
E
proprio infine, faccio i miei migliori auguri al Ministro Luigi Di
Maio,
che possa riuscire in questa impresa di civiltà
e solidarietà.
Francesco Zaffuto